La Sacra Scrittura di domenica 7 maggio

Il commento di don Michele Mosa. «Chi ha visto me, ha visto il Padre»

Quando penso al Maestro di Nazareth e ai suoi discepoli mi viene sempre in mente la scuola di don Lorenzo Milani a Barbiana, una scuola dove non ci sono voti perché non c’è un primo della classe e di conseguenza non c’è un ultimo. Alla scuola di Gesù, come a quella di Barbiana, l’attenzione anzi è tutta per l’ultimo, e ultimo prima o poi lo sono anch’io, lo sei anche tu. Tommaso o Filippo come Pietro o Giuda: prima o poi tutti inciampiamo, tutti cediamo alla tentazione del successo e del potere, dell’immagine e dell’applauso. Tutti, nessuno escluso. Ma se a Barbiana almeno un libro, uno solo valeva per tutti, c’era, alla scuola di Gesù c’è solo la vita: ci sono pescatori sulla barca e contadini nei campi e pastori con il gregge, massaie che impastano e mercanti che vendono. Ci sono perfino esattori delle tasse che contano soldi e  che sognano ricchezze ancor più grandi.E questo mi affascina di quella scuola; mi affascina e mi spiazza. Sono abituato fin da piccolo ai libri: comprarli, regalarli e soprattutto leggerli: il cristianesimo, benché molti lo ritengano la “religione del libro”, è la religione della vita. Ripensate alle domande dei discepoli e alle risposte del Maestro: Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Se non conosciamo la meta come possiamo scegliere la strada? Dacci almeno un indizio, spiegaci la strada per favore. Per questo lo incalza Filippo: «Gli disse Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Gli rispose Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre”». Alla scuola di Barbiana le risposte non sono preconfezionate, la verità non è una “cosa” da conquistare e possedere ma un cammino di ricerca, una domanda che apre sempre ulteriori domande: lo stile del Maestro di Nazaret: «quid est veritas?/cos’è la verità?». Stile che si declina in relazione, oserei dire confidenziale, del Maestro con i suoi discepoli: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre». E forse Gesù si rattristò al punto che una lacrima, furtiva, gli rigò il volto. Non ci sono libri, c’è relazione con il Maestro. Un esperto di libri – ne aveva studiati tanti e tanti portano il suo nome –, Agostino di Ippona, a proposito della domanda sulla verità rispose: «Est vir qui adest» (È l’uomo che ti sta davanti)». Senza buttare i libri, senza rifiutare la filosofia, senza condannare la scienza – sono utili anzi indispensabili alla nostra crescita umana e sociale e religiosa – credo che dovremmo tornare alle relazioni: tra di noi e con il Padre. Tutte le relazioni, a partire da quelle social troppo spesso condannate ma che invece contengono un potenziale immenso: possono aprirci porte e suggerirci strade nuove. Relazioni come a Barbiana e sulle strade della Palestina. Incontri personali, confronti e perfino scontri. Ci servono i libri ma non moriamo su di essi. Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Basta ripensare alla “voce” del pastore, che a volte dice più delle parole. E all’I care di don Milani.

Don Michele Mosa