La Sacra Scrittura di domenica 5 febbraio

Il commento di don Michele Mosa. «Rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli»

“Ad maiorem gloriam” Dei, perché la gloria di Dio cresca sempre di più. E cosa vuol dire? – si domandò tornando a casa. Ricordava di aver imparato al liceo che uno dei princìpi della Riforma di Lutero era «soli Deo gloria»/«la gloria appartiene solo a Dio», ma cosa volesse dire non lo sapeva più (se mai l’avesse saputo). Del resto, la gloria di Dio era sempre stato un non-problema; gli uomini hanno ben altri problemi: la famiglia, i figli, il lavoro…Chissà perché quel giorno gli era rimasto in testa quel passaggio biblico: fai il bene ma fallo per la gloria di Dio. Per di più quelle parole si appoggiavano all’immagine di una lista infinita di nomi all’ingresso della Casa di riposo dove era ricoverata sua madre: erano i cosiddetti benefattori, i ricchi che avevano dato “qualcosa” per la costruzione o la conduzione di quella casa. Grandi peccatori, grandi cattedrali avrebbe detto Cesare Marchi. Fare il bene senza pretendere di passare alla storia: questo è il problema. Essere santo senza fare miracoli. La gloria di Dio – dicono i teologi – si manifesta nella Croce di Cristo. O nel “barbone” che chiede l’elemosina. O nel solito rompiscatole che arriva all’ora di cena e pretende. O addirittura nel parroco che vive completamente fuori dal mondo e pensa che la religione (ma lui dice la fede) abbia molto da dire anche ai nostri giorni. La gloria di Dio… Possibile che per lui Dio fosse sempre un problema? Ricordava di aver letto un aneddoto – fioretto forse si dice – su Madre Teresa di Calcutta: «A chi le chiese un giorno come sentì la chiamata a realizzare quelle opere che crescevano in tutto il mondo insieme alle difficoltà/opposizioni che incontrava, Madre Teresa di Calcutta rispose: non sono stata chiamata per fare delle opere, sono stata chiamata per essergli fedele. Poi Dio compie le sue opere come vuole, io sono soltanto una matita nelle sue mani». La gloria di Dio è il galero lanciato in alto come un palloncino che vola verso il sole mentre i tuoi ragazzi cantano le parole che tu hai mormorato mille volte, perfino nel sonno: «Preferisco il Paradiso». Perché a te ciò che sta a cuore è l’abbraccio del Padre più che le medaglie degli uomini. Sarebbe bello fosse davvero così.

 

Don Michele Mosa