La Sacra Scrittura di domenica 3 luglio

Il commento di don Michele Mosa. «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo»

“Un mattino, all’appressarsi della festa dell’Esaltazione della santa Croce, mentre pregava sul fianco del monte, vide la figura come di un serafino, con sei ali tanto luminose quanto infocate, discendere dalla sublimità dei cieli: esso, con rapidissimo volo, tenendosi librato nell’aria, giunse vicino all’uomo di Dio, e allora apparve tra le sue ali l’effige di un uomo crocifisso, che aveva mani e piedi stesi e confitti sulla croce. Due ali si alzavano sopra il suo capo, due si stendevano a volare e due velavano tutto il corpo. A quella vista si stupì fortemente, mentre gioia e tristezza gli inondavano il cuore. (…) Ma da qui comprese, finalmente, per divina rivelazione, lo scopo per cui la divina provvidenza aveva mostrato al suo sguardo quella visione, cioè quello di fargli conoscere anticipatamente che lui, l’amico di Cristo, stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso, non mediante il martirio della carne, ma mediante l’incendio dello spirito”. (Leg. Maj., I, 13, 3).

Ecco ciò di cui si vanta il discepolo di Cristo: della debolezza. La Debolezza di Dio prima che della sua. Della sconfitta di Dio prima che della sua. È guardando al Crocifisso che l’umanità troverà la direzione verso cui camminare. (…) L’albero della maledizione è diventato albero di vita. Eterna. Per questo faccio mie le parole di Giovanni Paolo II:

“O San Francesco, stigmatizzato de La Verna,
il mondo ha nostalgia di te
quale icona di Gesù Crocifisso.
Ha bisogno del tuo cuore
aperto verso Dio e verso l’uomo,
dei tuoi piedi scalzi e feriti,
delle tue mani trafitte e imploranti.
Ha nostalgia della tua debole voce,
ma forte della potenza del Vangelo.
Aiuta, Francesco, gli uomini d’oggi
a riconoscere il male del peccato
a cercarne la purificazione nella penitenza.
Aiutali a liberarsi dalle stesse strutture di peccato,
che opprimono l’odierna società.
Ravviva nella coscienza dei governanti
l’urgenza della pace nelle Nazioni e tra i Popoli.
Trasfondi nei giovani la tua freschezza di vita,
capace di contrastare le insidie
delle molteplici culture di morte.
Agli offesi da ogni genere di cattiveria comunica,
Francesco, la gioia di saper perdonare.
A tutti i crocifissi dalla sofferenza,
dalla fame e dalla guerra
riapri le porte della speranza.
Amen”.

Don Michele Mosa