La Sacra Scrittura di domenica 10 aprile

Il commento di don Michele Mosa. «Cristo Gesù… svuotò se stesso»

O come diceva la vecchia traduzione: «spogliò se stesso», là dove però le vesti non sono un semplice indumento, non sono cioè solo un mezzo per coprirsi e difendersi dal freddo o dal sole che brucia ma diventano il segno della dignità: raccontano a tutti che tu sei un uomo. Come del resto «essere Dio» è molto più di un privilegio, di qualcosa cioè che ti si attacca alla pelle ma che non ti appartiene. Sono Dio perché Qualcun altro mi ha fatto questo regalo: Cristo è «nella condizione di Dio» e decide di deporre quelle vesti non perché siano un di più ma proprio per manifestare la sua vera natura. Nudo per rivelarsi uomo davanti a Pilato e all’umanità, vuoto per manifestarsi come Dio davanti a tutta la sua creazione. Scriveva padre Silvano Fausti: «Quindi, la prima manifestazione dell’amore è il vuoto, come la prima manifestazione dell’egoismo è riempire tutto». E padre Turoldo commentava: «Vi è una certa spogliazione in tutta l’esistenza umana. La crescita della vita presuppone la spogliazione; l’amore che cresce si spoglia delle forme precedenti che vengono superate dalla vita stessa. Ogni decisione della nostra libertà ci spoglia di infinite possibilità. E l’impegno totale della nostra vita nell’ascolto del Vangelo, ci rende molto simili a quel corpo nudo, maltrattato, fragile. Lascia anche noi come lui all’arbitrio di chi domina il mondo». Spogliarsi, anzi svuotarsi apre la via alla relazione più vera: quella che trasforma una donna in una madre e un uomo in un padre: libera spazio per l’esistenza di un altro essere umano; modifica il tuo corpo, se sei donna, per far spazio a un altro corpo. I verbi dell’amore: svuotarsi, assumere la forma dell’altro, diventare l’altro imparando l’obbedienza, imparando cioè ad ascoltare perché “ob-audire” significa ascoltare stando in basso, dando la priorità a chi parla, mettendo l’altro sempre in primo piano. Dio che entra nella storia, che si affaccia alle nostre case, che si fa uno di noi rovescia, ancora una volta, la nostra immagine di Dio: e la “Lavanda dei piedi” ce lo ricorda: il potente, o meglio l’onnipotente, manifesta se stesso chinandosi davanti ai discepoli e lavando loro i piedi. Quanto ancora dobbiamo scendere per diventare suoi seguaci. Per poterci dire cristiani. Altro che parate religiose in piazza o show preteschi con la scusa di festeggiare qualche santo. Ma forse è proprio così che si manifesta il vero Dio: lui diminuisce e noi ci crediamo grandi.

Don Michele Mosa