La Sacra Scrittura di domenica 20 febbraio

Il commento di don Michele Mosa. «Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale»

Terrore all’intorno: c’è il corpo. Ed è animale. Mi torna alla mente una trasmissione radiofonica degli anni Settanta del secolo scorso in cui l’uomo veniva definito una bestia. L’uomo è un animale: sì, certo ma solo quando si comporta in modo istintivo. Irrazionale. Violento.Invece, Paolo sembra dire che l’uomo è in primis, prima di tutto un animale: senza il corpo di carne non sarebbe. Eppure, la carne da sola non basta: non è vita. Manca il respiro. E qui le cose si complicano. Animale infatti viene da animus, cioè da respiro: la carne che respira è viva. L’uomo fatto di carne – corpo animale – vive se respira. «E Dio soffiò nelle radici di Adam un alito di vita»: e l’uomo divenne un essere vivente. Respiro però, lo sappiamo, è ruah: è cioè il soffio dello Spirito. Il corpo animale respira, quindi vive, se si lascia inondare dalla ruah, se accoglie la logica dell’apertura. Se passa dalla logica della conservazione di se stesso alla logica del dono. Forse potrei dire così: il corpo animale è prigioniero della sua sopravvivenza: lotta per non morire. Il corpo spirituale invece è proiettato oltre se stesso. È aperto all’altro, Altro. Sa di essere perché è DONO: dono innanzitutto per sé, quindi per gli altri. Usando il linguaggio di Paolo: il primo uomo, Adamo, «è un essere vivente», “si accontenta di vivere”, tira a campare; l’ultimo Adamo «divenne spirito datore di vita»: non si accontenta di vivere ma dona vita. E sappiamo che l’ultimo Adamo è Cristo. Resta un’ultima osservazione su cui ciascuno deve riflettere. La vita è sempre un dono che viene da Dio. Il respiro è sempre dono di Dio. Solo che il respiro che “anima” il corpo animale è un dato, non chiede il tuo consenso. Il respiro che ti rende “spirituale” è un dono che devi fare tuo: non puoi accoglierlo passivamente. Ho paura di essermi ingarbugliato. Siamo animali e diventiamo spirituali se la nostra animalità non è vissuta in termini di assoluto ma come un dono di Dio: il termine di paragone è la carne eucaristica: «ringraziamento, di comunione, di dono e di perdono», come diceva Silvano Fausti. La dimensione eucaristica è vita senza fine: non ha scadenza. Forse è questo il segreto del corpo spirituale: ciò che trasforma il corpo animale. E apre alla risurrezione.

Don Michele Mosa