La Sacra Scrittura di domenica 28 aprile

Il commento di don Michele Mosa. «Ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto»

Di Don Michele Mosa

 

Questione di potatura, cioè questione di forza e di tenerezza. Devi usare la forza per tagliare il ramo al punto giusto ma devi farlo con tenerezza, quasi accarezzandolo e asciugando le sue lacrime, perché è comunque una ferita. Potare è un’arte: è mestiere che richiede sapienza ed esperienza. È l’arte del Padre. Potare fa il parallelo a innestare: altra arte che richiede forza e tenerezza. Potare e innestare sono l’agire del Padre; a noi è affidato il frutto di quell’azione. Giovanni lo dice con il verbo rimanere. “Se rimanete”, “se non rimanete”, “chi rimane”, “chi non rimane” … e così via, sette volte. Custodire l’innesto è il compito del discepolo. Anzi è ciò che ci fa discepoli. L’arte del discepolo è quella di far in modo che non si interrompa il flusso vitale della linfa, è far sì che il tralcio non secchi e muoia. Dobbiamo perciò fare molta attenzione agli innesti perché è più facile tagliare e bruciare rami secchi che curare e custodire innesti, gemme che fioriscono. Pensate a Saulo innestato in Cristo: chi dà fiducia a Paolo? Ci vuole Barnaba per convincere la Chiesa che la strada di Damasco è strada di vita e non di morte. Di quanti Barnaba abbiamo ancora bisogno: per la Chiesa e per il mondo. Di uomini che sanno scavalcare la categoria dell’ex – ex tossico, ex carcerato, ex prete… – e scoprire gli innesti che portano frutti nuovi. Ci servono CUSTODI premurosi; di giudici ne abbiamo già tanti. Anzi troppi.