La Sacra Scrittura di domenica 7 aprile

Il commento di Michele Mosa. «Otto giorni dopo»

Di Don Michele Mosa

 

E non è un’indicazione cronologica. Non è possibile ridurre tutto al celebre aforisma di Eraclito “πάντα ῥεῖ”, tutto scorre, se non altro perché poche volte la liturgia mantiene la scansione temporale: di solito troviamo “In quel tempo”.

Otto giorni dopo o l’ottavo giorno, come si trova a volte, deve dunque avere un’importanza particolare: per ciò che è accaduto ai discepoli e per la Chiesa – per noi – oggi.

Otto, ottavo: cosa ci dice? Innanzitutto, credo ci dica che bisogna uscire dagli schemi umani, bisogna entrare in una nuova logica: il Risorto è irriconoscibile a prima vista, bisogna stare con Lui per riconoscerlo (…). Otto giorni dopo è nuovo inizio, non ritorno a un vecchio conosciuto e rassicurante (…). Come posso leggere un libro nuovo se ho sempre in mano quello di ieri? Otto giorni dopo ci ricorda che la mèta non è la Chiesa ma il Regno, che il fine della missione è non è, come si diceva un tempo la “plantatio Ecclesiae”, l’edificazione della Chiesa, spesso solo di mura tra l’altro (quante cattedrali nel deserto abbiamo costruito!).

Otto giorni dopo è un richiamo all’azione di Cristo e del Maestro che sempre ci precede (lo sappiamo e l’abbiamo studiato: gratia preveniens – preghiamo spesso dicendo: “Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia, Signore” – ma nella vita quotidiana lo dimentichiamo al punto da stilare prima corposi piani pastorali e poi supplicare lo Spirito perché li realizzi). Otto giorni dopo è indicazione battesimale: muore l’uomo vecchio, nasce l’uomo nuovo. (…) È – ma è solo un mio pensiero – l’indicazione che il battezzato deve saper camminare nel mondo avendo la chiesa come punto costante di riferimento senza però che la chiesa stessa diventi la sua prigione: sei cristiano se vieni in chiesa. Ma – mi domando e vado in crisi qualsiasi risposta mi do – non dovremmo vivere il Vangelo nel mondo? Non dovremmo nutrirci dell’Eucaristia e vivere dei sacramenti, quindi andare in chiesa, per lasciarci invadere dallo Spirito e poi, da lui guidati, testimoniare il Risorto nella vita quotidiana? Ottavo giorno: per viverlo davvero serve il coraggio di Tommaso nel riconoscere la nostra poca fede, per riconoscere allo stesso tempo – ma forse è l’unico modo vero – la presenza di Cristo che chiede di essere toccato. Dio, all’ottavo giorno, si mostra nei crocifissi della storia: e oggi sono davvero tanti. Anzi troppi.