La Sacra Scrittura di domenica 22 ottobre

Il commento di don Michele Mosa. «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio»

Facile leggere queste parole di Gesù come la separazione fra Stato e Chiesa, fra politica e religione. Facile trasportare queste parole nel nostro tempo – in realtà saremmo indietro di due secoli – e sostituirle con quelle del conte di Cavour: “Libera Chiesa in libero Stato”. Dove la preoccupazione fondamentale è che la Chiesa non interferisca con lo Stato: religione e politica sono su due versanti opposti. (Domanda subdola che abita la mia mente: lo Stato non interferisce proprio mai negli affari della Chiesa? Religione come strumento di potere non vuol dire che si può usare la religione come un mezzo per avere potere? “Parigi val bene una messa”, come disse Enrico di Navarra prima di essere incoronato Enrico IV, re di Francia). Domanda in realtà ben più complessa di quel che sembra; del resto la realtà è sempre più complessa e complicata di quello che sembra. Separare le due parti della risposta di Gesù è come – mi sembra – tagliare la realtà in due, è come dividere l’anima dal corpo: è un’operazione fattibile solo in teoria, nella realtà se li separi non c’è più un corpo ma un cadavere. Dunque, mi sembra che ancora una volta il principio chiave sia la scelta del Dio di Gesù Cristo: non basta creare, non basta governare, bisogna incarnarsi: «et Verbum caro factum est» con tutte le conseguenze che ne derivano. Politica compresa. Il cristiano non può non fare politica. «Siamo in politica» diceva Zaccagnini «non per fede, ma a causa della fede». Lo aveva già detto Pio XI rivolgendosi ai dirigenti della Federazione Universitaria Cattolica il 18 dicembre 1927: «E tale è il campo della politica, che riguarda gli interessi di tutte le società, e che sotto questo riguardo è il campo della più vasta carità, della carità politica, a cui si potrebbe dire null’altro, all’infuori della religione, essere superiore». E aggiungeva: «Tutti i cristiani sono obbligati ad impegnarsi politicamente. La politica è la forma più alta di carità, seconda sola alla carità religiosa verso Dio». Separare, non dimentichiamolo, spesso è opera del diavolo. Tessere relazioni è invece opera dello Spirito Santo. Che ci sia bisogno di meno inchini e genuflessioni e più incarnazione nella società in cui viviamo? Non si tratta di scegliere fra Gesù e il mondo, Dio e Cesare, perché Gesù è nel mondo e il Padre ama il mondo “da morire”. Fatemi concludere con una frase di Mino Martinazzoli: «Sono un cattolico che diffida di quelli che nominano troppo Dio».

 

                                                                                                                                                                        Don Michele Mosa