La Sacra Scrittura di domenica 15 ottobre

Il commento di don Michele Mosa. «E la sala delle nozze si riempì di commensali»

La vita non è solo lavoro. Ricerca del lavoro. Attesa del lavoro. Espulso dal mondo del lavoro. Tempo libero (dal lavoro). No, vita non è sinonimo di lavoro. Alla faccia dei marxisti e dei padroni. Dei sindacalisti e degli economisti. C’è altro, molto altro nella vita. Operai nella vigna – del Signore o del mondo poco importa – va bene ma il regno di cieli sconfina, conosce altri orizzonti: è festa, festa di vita nuova. Festa di innamorati, festa di nozze. E quegli stessi lavoratori della vigna ora sono propagatori di festa, araldi di allegria. Spensieratezza, balli e musica. Questo mi (ci) manca oggi: non lavoratori della vigna ma araldi di gioia. Non operai depressi e sindacalisti incavolati neri, mi mancano cantanti, giocolieri, ballerini. Mi mancano cuochi e barman. E non perché nei nostri oratori non si organizzano serata danzanti, dal liscio alla discoteca, o grandi grigliate o finti McDonald, no. Mancano – per dirla alla Bergoglio – annunciatori di gioia, testimoni di buone notizie. “Evangelii gaudium” è solo il titolo di un’esortazione apostolica, la vita dei cristiani è fatica, tristezza, capo chino e ginocchia piegate. Il Dio di Gesù Cristo invece è un Dio che ama la festa, la danza, la gioia. Ama la gente che ride non i piagnoni. Ama i lavoratori che sudano nella vigna ma li ama ancor di più quando sono seduti a tavola e fanno festa: e passerà a servirli. E la sala si riempì. Perché questa è la sua idea fissa. Una sala piena di gente che fa festa. Questa dovrebbe essere la nostra idea fissa: la sala piena di gente che fa festa. Invece quante lamentele per le sale vuote. Quante minacce per riempire quei vuoti. Quanti ricatti, che poi non hanno effetto alcuno se non quello di produrre lamentele dopo la cresima (o il battesimo…). Chiese aperte chiede il Papa. Prima di tutto però ci vorrebbero menti aperte. Cuori aperti. Alla beatitudine più che ai comandamenti. Cioè alla gioia più che alla punizione e alla minaccia. Forse è il caso che balliamo di più. Per stare in ginocchio a piangere c’è sempre (fin troppo) tempo.

Don Michele Mosa