La Sacra Scrittura di domenica 17 settembre

Il commento di don Michele Mosa. «Signore, se il mio fratello»

Questione di ieri e di oggi, questione di sempre: la Chiesa non è un club a cui scegli di iscriverti. Non è un gruppo di amici che condividono lo stesso hobby. Non si fa parte della Chiesa perché si ha una tessera in tasca anche se il battesimo spesso a questo è ridotto. Chiesa è convocazione, è ritrovarsi di fratelli e sorelle. Non nel sogno ma nella realtà. E la realtà – proprio la Scrittura ce lo insegna – è fatta di conflitti: Caino e Abele, Isacco ed Esaù…La domanda è sempre quella: dov’è tuo fratello? E la risposta: Sono il custode di mio fratello? Custodire, cioè averne cura. Accompagnare, condividere gioie e fatiche, fermarsi nei momenti di stanchezza. E ripartire. Soprattutto ripartire. Perché questo è la Chiesa: la comunità di coloro che incominciano ogni giorno. Ogni alba è nuovo inizio. Perché ogni alba è nuovo dono; e quale dono più grande del fratello e della sorella che incontri lungo la tua strada? Si scelgono gli amici, i fratelli e le sorelle si accolgono. Sono un dono. Un dono moltiplicato all’infinito, sette volte sette. Un dono PER, con quell’operazione che fa crescere a dismisura. Fratello, sorella… dono per, anzi PERdono. Ecco il segreto delle nostre comunità e della nostra Chiesa: non la perfezione, che spesso sfocia nell’integralismo e nell’intransigenza, che circoscrive aree e alza muri ma perdoni, perdoni che si rinnovano ogni mattino inaugurando ogni giorno nuovi inizi. Fino a quante volte? È questione di Chiesa: se la vedi come un club partono le scomuniche, se è fraternità scendono lacrime, le voci si fanno urla, ma, quando tramonta il sole, senti che c’è un legame più profondo che ti unisce al di là delle idee. Perdono, legame di fraternità, è questione di fede.

Don Michele Mosa