La Sacra Scrittura di domenica 4 giugno

Il commento di don Michele Mosa. «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio»

Puoi raccontare l’uomo non definirlo. Puoi descrivere la donna non chiuderla in una definizione. Eppure hai la pretesa di definire Dio, di trasformarlo in un concetto e rinchiuderlo in un’idea. “Un solo Dio in tre persone”: e la Trinità è servita. Servita in modo così indigesto che nessuno di noi la sente presente e viva nella propria vita. Dio è sempre al singolare ma non è solo. È unico ma non è uno. È uno eppure sono tre. Le tue – come del resto le mie – formule teologiche vanno bene a scuola, servono per parlare di Dio (spesso ridotto ad astratta verità da studiare, niente più che una tesi da esame) ma non a parlare con Dio. Annoto un piccolo episodio di vita che mi ha colpito e che spesso richiamo a me stesso, soprattutto quando cado nel vortice dell’intellettualismo. Un giorno, uno dei padri dello Stato di Israele, l’ebreo polacco David Ben Gurion (1886-1973), si era trovato a discutere – nel kibbutz in cui si era ritirato dopo il suo impegno politico – col filosofo ebreo austriaco Martin Buber. Lo statista era ateo e cercava di capire le ragioni della fede intensa del suo interlocutore. Alla fine, il filosofo gli disse: «Se si trattasse solo di un Dio del quale fosse possibile parlare, anch’io non crederei; ma dato che si tratta di un Dio al quale si può parlare, per questa ragione io credo in lui». Il dio cristiano, il dio Trinità non è una formula, nemmeno quando lo invochiamo per una benedizione o lo incorniciamo nel segno della croce, è rivelazione del segreto del vivere, è la forza del vivere. È il senso e il perché del mio e del tuo vivere: è amore. E chi di noi potrebbe viere senza amore? Chi di noi vive senza amare? E non in teoria – non mi piace chi dice di amare tutti perché significa, almeno per me, che non ama nessuno: si ama la persona concreta che si incontra, che si ha davanti; si ama anche quando si discute, si litiga e ci si manda reciprocamente a quel paese. Amare è vivere non far poesia. Figuriamoci teologia. Trinità è rompere la solitudine perché «non è bene che l’uomo sia solo» è la prima e fondamentale verità dell’esistere umano per cui – scriveva Turoldo – «neanche Dio può stare solo». E – annotava un grande esegeta, Von Rad: «nella Bibbia non è Dio che è antropomorfo, ma è l’uomo che è teomorfo, ha la forma di Dio». Quindi non arrampicatevi sui muri per spiegare la Trinità, non nascondetevi dietro il solito raccontino di Agostino e del bambino in riva al mare, sfidate la vita, amate con tutto voi stessi e in questo modo, solo in questo modo, racconterete la Trinità, il “Dio Amore”. Il poeta Ezra Pound scriveva: «Ho amato il mio Dio come chi, bambino nel cuore, / cerchi profondi seni su cui riposare, / ho amato il mio Dio come fanciulla un uomo». E, per onorare la memoria nel centenario della sua nascita, lasciatemi concludere con le ultime parole del testamento di don Lorenzo Milani: «Caro Michele, caro Francuccio, cari ragazzi […] Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto. Un abbraccio, vostro Lorenzo”.

 

Don Michele Mosa