La Sacra Scrittura di domenica 26 marzo

Il commento di don Michele Mosa. «Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro»

La pietra chiuse il sepolcro e la luce si spense di colpo. Le voci delle donne cessarono e tutt’intorno fu il silenzio. Il pianto e le lacrime qui non hanno casa: qui regnano solo la nostalgia e il rimpianto. “Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate”. Il futuro non è per voi, anzi non è per noi. Qui è solo passato: un passato che sa di rimorso o di malinconia. Belle quelle sere trascorse davanti a una ciotola di brodo ad ascoltare il Maestro che parlava di banchetti e di danze e di un Dio che serve i suoi ospiti come un oste: e la cosa, devo confessarlo, non so se mi mettesse a disagio più che allettarmi. A ben pensarci però è questione di abitudine: più passa il tempo e più la memoria si affievolisce, il rimpianto lascia il posto alla rassegnazione: la morte fa parte della vita. Anzi è la certa dimensione della vita: ora non devo più aver paura di perdere ciò che ho conquistato: amicizia, successo, un posto nella società e nel villaggio. Qui tutto è mio e più nessuno me lo può rubare, qui non c’è santo ma non c’è neppure un ladro. Ecco la morte, quella che avevo sempre temuto. La morte che per le mie sorelle era disperazione. Per me la morte era ormai vita. O almeno così pensavo. Tre giorni e tre notti: senza luce e senza voce. Senza calore e senza emozioni. Tre giorni e tre notti, da solo con me stesso. E i miei pensieri, senza più lontani e sfocati. Tre giorni e tre notti…Il sole entra con prepotenza improvvisa, la parola torna a risuonare in questo luogo freddo e silenzioso: Lazzaro, Lazzaro – il grido che squarcia la mia rassegnata notte. Lazzaro, qui fuori. Cosa ci fai lì? Quella non è casa tua. Tu sei fatto per amare, tu hai bisogno di essere amato: ricordi cosa disse Dio guardando Adamo? “La solitudine non è per l’uomo, lo fa ammalare, lo porta alla morte”. Lazzaro sei fatto per la vita. Sei fatto per il Padre e se non ci sei tu, figlio, la sua vita è morte. Se tu muori, anche il Padre muore. Se tu vivi, anche il Padre vive. Toglieteli le bende, slegatelo, liberatelo. E lasciatelo andare. Perché questa è la grande scoperta: il Padre ti dona la vita e ti regala la libertà. Non esci dal sepolcro – o dall’utero di tua madre – per essere schiavo, né di uomo né di alcun dio. Va’. Ama. Lasciati amare. Non è la nostalgia la misura della tua vita. Sei impasto di fango. Perché è dal letame che nascono i fiori. Dai diamanti non nasce niente (anzi nascono guerre e stragi e morti).

Don Michele Mosa