La Sacra Scrittura di domenica 8 maggio

Il commento di don Michele Mosa. «Dio asciugherà le lacrime dai loro occhi»

Le lacrime sono il filo, nemmeno tanto nascosto, che fa di tanti momenti un’unica vita. Si piange nel dolore, si piange nella gioia. Si piange chiusi nella propria stanza, si piange abbracciando un amico. Mi verrebbe quasi da dire che piangere è vivere: se non piangi, non vivi. Se non sai piangere, non conosci il sapore della vita. Nel suo viaggio apostolico nelle Filippine, rivolgendosi ai giovani, Papa Francesco disse: «Al mondo di oggi manca il pianto! Piangono gli emarginati, piangono quelli che sono messi da parte, piangono i disprezzati, ma noi che facciamo una vita più (o) meno senza necessità non sappiamo piangere». Visto così però le lacrime sembrano solo il segno della fatica e della sofferenza: le lacrime sono un grido d’aiuto. Vero ma, a mio parere, parziale. E non mi riferisco solo al fatto che nell’antichità le lacrime non sono un segno di debolezza da nascondere – gli eroi di Omero piangono, e tanto – ma anche al fatto, per esempio, che nell’antico Egitto le lacrime non sono esclusiva degli uomini perché anche gli dèi piangono. Anzi, le lacrime del dio Ra sono all’origine del mondo. Il mondo esce da una lacrima divina. Le lacrime che i Padri della Chiesa vedranno come una via privilegiata per arrivare a Dio. Canta Isacco il Siro: «Le lacrime sono il segno che ti stai avvicinando ai confini della regione misteriosa» e Simeone arriva addirittura a dire che «Non c’è altra via [che le lacrime] … per vedere i misteri». Lacrime come abbraccio. Come segno di unione. Lacrime di dolore e/o di gioia che diventano filo che lega. Asciugare le lacrime è un gesto di tenerezza più che di compassione. Dice affetto, racconta di un legame che genera vita. Dio è più di un buon amico o di un caro vicino. È colui che condivide la tua vita, è il filo che dà senso alla tua vita. Dio è in quella lacrima che ogni giorno riga il tuo volto. Nella gioia e nel dolore. Di più Dio è quella stessa lacrima. L’asciuga non con il fazzoletto ma con quell’abbraccio che riapre alla speranza o scoppia in un sorriso. Per questo ha ragione il Papa: oggi non piangono più i forti, piangono solo i perdenti perché loro conoscono il valore della vita. Noi, purtroppo, solo quello delle cose che si vendono e si comprano.

Don Michele Mosa