La Sacra Scrittura di domenica 12 settembre

Il commento di don Michele Mosa. «Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta»

Vexata quaestio che ancora oggi fa discutere i cristiani: ci salva la fede o le opere? La salvezza è un dono o possiamo meritarla? Se giochiamo alla contrapposizione – tipica è quella protestante (sola fede) contro i cattolici (opere) – cadiamo in un circolo vizioso: un cane che si morde la coda. La fede è innanzitutto un dono: una mano aperta tesa verso Dio. La fede è stile di vita. È generatrice di opere. Fede è – come dice bene Paolo – donare agli altri ciò che ci hanno donato. Si vede? No. Come le radici di un albero: non le vedi. Però mangi i frutti di quell’albero, che senza radici sarebbe morto. Dunque, nessuna contrapposizione fra fede e opere, semmai un legame indissolubile: pena la morte di entrambi. Per questo, onestamente, pur cercando di evitare categorie sociologiche per leggere un’esperienza interiore, quando sento qualcuno dire che è credente, ha tanta fede ma non è praticante mi viene l’orticaria. Non riesco a capire come sia possibile condividere una torta mangiandola da solo o non partecipando mai alla festa. Eppure, com’è buona la torta! Come puoi aver fede e poi vivere da egoista? Come puoi aver fede e non rispettare l’ambiente in cui vivi? Come puoi aver fede e pensare solo ai tuoi interessi, ai tuoi comodi, alla tua vita? Sarà che Cristo oggi non interessa più? Sarà che la Chiesa ha rotto le scatole? O, più semplicemente, che è più comodo fare quello che voglio tanto la fede chi può misurarla? E poi, si può vivere tranquillamente di solo pane. Per la fede c’è tempo.

Don Michele Mosa