La Sacra Scrittura di domenica 23 maggio

Il commento di don Michele Mosa. «Camminate secondo lo Spirito»

Camminare: il verbo proprio dell’uomo. Nello spazio muovendosi da un luogo all’altro. Nel tempo crescendo – come dice Luca di Gesù – in età, sapienza e grazia. Camminare: è il motore della vita. La sedentarietà, lo star fermi ci “fa male”: ingrassiamo nel corpo, diventiamo pigri nello spirito. Abbiamo bisogno di muoverci. E qui si pone la domanda: in quale direzione? Con quale stile? Gesù propone ai suoi di camminare in ogni direzione, di raggiungere ogni creatura – quindi non solo gli uomini e le donne – e di farlo senza portare pesi: cammina senza stancarsi e va lontano, chi è “leggero”. (Chissà perché invece noi quando prepariamo la valigia la riempiamo sempre oltre misura). Paolo parla di “camminare secondo lo Spirito”, contrapponendolo al “camminare secondo la carne”. Qui sta, per Paolo, la leggerezza del discepolo. Questo è il segreto dell’apostolo. Spirito e carne però non sono – potrei però sbagliare – cielo e terra che si confrontano in duello: virtù e vizi. Santità e peccato. La carne, infatti, è ormai in Dio, come ci ha ricordato la festa dell’Ascensione. La fragilità, la debolezza, il bisogno sono l’uomo – ora anche Dio: quanto mi fa riflettere l’aggettivo Onnipotente apposto a Dio! E come è bella la preghiera che ci spiega come il Padre esprime questa onnipotenza: “soprattutto nella grazia del perdono”. Il problema non è la fragilità e il bisogno ma il modo in cui proviamo a risolverlo: con il possesso piuttosto che con la relazione. Nel primo caso tutto deve soddisfare i miei bisogni. Tutto deve essere mio. Io sono al centro. Anzi sono il centro. Nel secondo caso l’altro è un dono: dalle persone che incontro alle cose che uso. Camminare secondo lo Spirito è vivere in chiave eucaristica. E mi spiego. L’uomo ha bisogno di mangiare e può farlo come gli animali semplicemente pensando a non morire di fame oppure condividere il pasto seduto a un tavolo con altri commensali – compagno significa appunto: “cum panis”, mangiamo il pane insieme – perché la nostra vita è comunione e relazione non solo sopravvivere e non morire di fame. Il dono dell’Eucaristia è questa comunione con Dio che ci apre alla relazione con Lui. E ci fa, di conseguenza, camminare nello Spirito, leggeri e liberi. Aperti al dialogo e costruttori di ponti. Ma se cadiamo nella privatizzazione dell’Eucaristia, se è solo il modo di santificare la domenica, se neppure mi accorgo del mio vicino allora il rischio è quello di soddisfare un bisogno, di impossessarmi di Dio. E di conseguenza “camminare secondo la carne”. E, ancora una volta, questione di Chiesa.

 

Don Michele Mosa