La Sacra Scrittura di domenica 9 maggio

Il commento di don Michele Mosa. «Chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio»

Uno dei versetti più famosi e più citati del Nuovo Testamento. Agostino ad esempio lo cita 58 volte nelle sue opere. Dio è amore. «Queste parole – scrive Papa Benedetto XVI nell’enciclica “Deus caritas est” – esprimono con singolare chiarezza il centro della fede cristiana: l’immagine cristiana di Dio e anche la conseguente immagine dell’uomo e del suo cammino». Quello che però mi fa pensare è che Giovanni dice che chi ama conosce Dio ma non il contrario. Cioè: amare il prossimo è indizio per capire che si viene da Dio ma non è detto che chi è generato da Dio ami: può sempre dire di no. Cambiare strada. È la realtà del peccato. Lo si comprende se si guarda Cristo: sono le sue parole, le sue opere, la croce che ci dicono che viene da Dio. È la sua passione d’amore che lo porta al dono della vita che racconta l’amore di Dio. Anzi il Dio-amore. Nel linguaggio dell’apostolo: Dio ci ha amati per primo. E la prova sta proprio nel dono del Figlio Unigenito. Noi amiamo perché amati. Il nostro amore è il segno che qualcuno ci ha amati per primi: accade così ad ognuno di noi. La mamma non ci ha fatto lezioni d’amore, ci ha amati. E cresciuti nell’amore dei genitori abbiamo imparato ad amare anche noi. Il nostro amore, dunque, dice che siamo stati amati. Forse lo capiamo meglio se faccio un riferimento concreto: la Carta pastorale della Caritas italiana, “Lo riconobbero nello spezzare il pane”. In quel documento è quasi riletto questo testo di Giovanni: «A stare con i poveri la Chiesa scopre la sua povertà; a stare con i malati, la sua malattia; a stare con i peccatori, il suo peccato. Si tratta di un processo di “scambio di doni” nel quale la Chiesa non soltanto dona ai poveri, ma in cui riceve anche messaggi e stimoli per la sua conversione: evangelizza ed è evangelizzata, dona libertà e si fa libera. Il volto della Chiesa è il volto del Dio-amore. Una chiesa con questo volto è garanzia di apertura e di accoglienza verso tutti, senza esclusione di nessuno; è certezza di costruire qui sulla terra quella «casa di tutti» che è segno e anticipazione del regno di Dio». Ritroviamo senza paura la via dell’amore, concreto, fisico che sa prendersi cura dei corpi innanzitutto.

 

Don Michele Mosa