La Sacra Scrittura di domenica 31 gennaio

Il commento di don Michele Mosa. «Io vorrei che foste senza preoccupazioni»

Leggo queste parole ancora immerso nel clima della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (in proposito consentitemi di ringraziare chi l’ha organizzata e chi vi ha partecipato in modi diversi e di ricordare a noi tutti che l’ecumenismo non è una materia di studio per pochi specialisti ma è la vita di tutti i giorni: il mio vicino di casa è un ortodosso come forse il compagno di banco di tua figlia…). Leggo – dicevo – questa pagina sullo sfondo della preghiera di Gesù “ut unum sint”, “che siano una cosa sola”: forse per questo mi sono accorto – non ci avevo mai pensato – che l’espressione senza preoccupazioni può anche significare senza divisioni. So che il discorso di Paolo ruota sul senso della verginità e del celibato e del matrimonio ma mi sembra che potremmo anche intendere un richiamo alla capacità di vedere e leggere la nostra vita – di individui e di Chiesa – attraverso lo sguardo di Cristo. O, se preferite, scoprire in Cristo chi sono io, chi è lui/lei, chi siamo noi. La nostra giornata è fatta di mille incontri, di centomila cose da fare: la casa, il lavoro, la spesa… i figli, i nipoti, gli amici… spesso a sera, tirando le somme, siamo letteralmente a pezzi: non solo perché stanchi ma perché divisi interiormente: chi viene prima? Chi è più importante? E domani da dove inizio? Non avere preoccupazioni: bell’ideale. E se invece provassimo a cercare in Cristo e nel suo Vangelo il centro? Se cercare Lui fosse il modo privilegiato, e concreto, per avere un centro che fa unità della nostra vita? Vedo la mia famiglia in Cristo e la amo come Lui ama la Chiesa. Vedo il mio lavoro in Cristo e lo vivo come Lui ha vissuto a Nazareth. Vedo la mia fede alla luce del come Cristo ha vissuto il suo rapporto con il Padre e con gli uomini e le donne che incontrava. Preoccupati no. Forse neppure occupati. Solleciti sì. Cioè non schiacciati dalle cose e divisi in noi stessi e dagli altri ma attenti e custodi. “I care”, direbbe don Milani. La cura – ci ha ricordato il Papa il 1° gennaio scorso – è il vaccino del cuore. E vale – aggiungo io – per il Padre e per i suoi figli. Che bello se riuscissimo a vivere così: senza divisioni. In casa e nella società. In chiesa e nella cristianità tutta. Sposati e non sposati. Laici e religiosi. Non perché intruppati come soldatini ma perché radicati in Cristo. Che – ricorda sempre Paolo ai Corinzi – «non può essere diviso».

 

Don Michele Mosa