La Sacra Scrittura di domenica 10 maggio

Il commento di don Michele Mosa. «Avvicinandovi al Signore, pietra viva… quali pietre vive siete costruiti anche voi»

Paradosso?

Bufala colossale?

Credenze di un tempo che fu?

Miracolo, semplicemente miracolo?

Le pietre sono senza vita, esseri inanimati per eccellenza.

Mi spiace ma non ci credo.

E vi porto due ragioni: la prima risale a Michelangelo che così spiegava il suo lavoro: «Ogni blocco di pietra ha una statua dentro di sé ed è compito dello scultore scoprirla»; la seconda è biblica, anzi religiosa – basta pensare ai totem – e riguarda il sogno della scala di Giacobbe (Israele) con Dio e sigilla l’alleanza fra di loro: ««Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che sto facendo e mi darà pane da mangiare e vestiti per coprirmi, se ritornerò sano e salvo alla casa di mio padre, il Signore sarà il mio Dio. Questa pietra, che io ho eretto come stele, sarà una casa di Dio; di quanto mi darai io ti offrirò la decima» (Gen 28, 20-22).

Le pietre costituiscono l’edificio ma non sono l’edificio: ne sono l’anima. Indicano una presenza. Ricordano, appunto, un’alleanza.

Non possono essere ridotte a “cose”, pena il fatto che – come ricorda Gesù stesso – di queste non resterà nulla: il loro destino è il crollo, la consumazione, la polvere.

Le pietre dunque sono vive: condizione necessaria perché l’edificio sia vivo. Vivo è Cristo, pietra angolare, vivo è Pietro e gli Apostoli, pietre su cui si costruisce l’edificio, vivi siamo noi, discepoli battezzati per essere Chiesa.

Qui è il discrimine: se diventiamo pietre morte, l’edificio sarà anche un monumento ma svolgerà la funzione di un museo: oggetto di studio e di visite. Ma morto, decisamente e tristemente morto.

Se siamo vivi, pur con le nostre schegge e i nostri rattoppi, saremo Chiesa viva.

Monumento di umanità. Misericordia. E tenerezza.

Lasciatemi concludere con una storiella medievale. Dice molto più del mio commento.

Capitò un giorno che un anziano andò a visitare il cantiere di una Cattedrale e, osservando tre uomini che tagliavano pietre, domandò loro cosa stessero facendo. Il primo rispose: «mi guadagno da vivere». Il secondo: «taglio pietre». Il terzo: «sto costruendo una Cattedrale». L’anziano li salutò con cortesia e li lasciò al loro lavoro. Sulla via di casa però rifletteva, ad alta voce: «oggi ho incontrato un uomo che lavora per la sua famiglia, un buon artigiano e un vero artista che sa elevarsi dalla terra al cielo. Quell’uomo infatti sapeva che, dietro al suo scalpello, c’era la scala che avrebbe permesso a tanti di arrivare a Dio».

Don Michele Mosa