Di Don Michele Mosa
Una bomba, teologica, che demolisce le nostre fantasie spirituali. Pensiamo sempre al cammino di fede come a una scalata verso l’alto, una conquista del divino attraverso pratiche, meriti, elevazioni mistiche. Gesù ribalta tutto: il movimento autentico non è ascendente, è discendente. Nessuno sale al cielo perché il cielo è già sceso da noi. Il divino non abita nelle vette irraggiungibili, ma negli abissi della condizione umana. Chi vuole incontrare Dio deve smettere di guardare in alto e iniziare a scendere: verso i poveri, gli ultimi, i sofferenti, verso le proprie fragilità. Il Figlio dell’uomo – espressione che sottolinea l’umanità – è l’unico che conosce la strada perché ha fatto il percorso inverso: dal cielo alla terra, dalla gloria alla croce, dall’infinito al limite. Quante energie sprechiamo tentando di elevarci! Costruiamo torri di Babele spirituali, accumuliamo preghiere come monete, trasformiamo la fede in una gara di atletica sacra. Giovanni invece ci sussurra una verità scomoda: tutti questi sforzi sono inutili, anzi, controproducenti. La spiritualità autentica non è acrobatica ma archeologica. Non scava verso l’alto ma verso il profondo. Non cerca l’estasi ma l’humus, non l’angelico ma l’umano. Ogni tentativo di salire ci allontana dalla meta, perché il cielo ha già scelto di discendere. Questa è la rivoluzione cristiana: Dio non aspetta che noi arriviamo da lui, ma viene da noi. Non pretende che diventiamo degni, ma si fa indegno per amore nostro. Il movimento è sempre unidirezionale: dall’alto verso il basso, dal perfetto verso l’imperfetto, dal santo verso il peccatore. Siamo al cuore del cristianesimo: l’incarnazione del Figlio di Dio. “Et Verbum caro factum est”.
La vera ascensione non è fuggire dalla condizione umana, ma abitarla pienamente. Non è diventare angeli, ma essere profondamente, autenticamente umani. Il cielo non è sopra di noi: è dentro di noi, ogni volta che scegliamo di scendere invece di salire, di servire invece di dominare. Chi cerca Dio in alto, lo perde. Chi lo trova in basso, lo possiede per sempre. «Gesù mi fa visita ogni mattina nella comunione e io lo ricambio visitando i Suoi poveri», diceva Pier Giorgio Frassati, il giovane torinese che domenica scorsa è stato iscritto da Leone XIV nell’albo dei Santi.