Di Don Michele Mosa
Vorrei sostare su questa scena e gustare fino in fondo la gioia di questo momento. Pieni di gioia. Questo è l’atteggiamento con cui va accolto Gesù: è la domenica del canto. Dei rami d’ulivo che si agitano. Dei bambini che corrono. Delle pietre che gridano. Non scivoliamo subito alla Passione. Non facciamoci prendere dalla foga di dover immediatamente raccontare la sofferenza e la morte del Maestro. Gustiamo questo momento di festa. Assaporiamo la gioia dell’ingresso a Gerusalemme. Il Vangelo è gioia. Il Regno di Dio è felicità. La vita è una danza e solo chi sa ballare la gusta. Gesù si lascia avvolgere dalla festa e risponde duramente ai farisei: “Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre”. Lui è venuto perché la vita sia piena. Perché noi uomini impariamo a vivere in pienezza; chi vivacchia, chi sopravvive alla meno peggio non conosce Dio. E io credo che senza questa “premessa” gioiosa Gesù non avrebbe retto l’urto della preghiera macchiata di sangue del Getsemani. Anche nei momenti più bui c’è sempre uno spiraglio di luce e di gioia. Il discepolo deve saper trovare questi momenti, deve imparare a gustarli, deve custodirli “come la scorta d’acqua in una borraccia prima di affrontare un sentiero riarso” (Cesare Pagazzi). Il futuro non può rubarci il presente. La paura del domani non deve impedirci di gustare la gioia dell’oggi. Oppure, e forse è la situazione che più ci attanaglia, non possiamo fare i guastafeste: non sappiamo vivere i momenti di gioia perciò impediamo anche agli altri di essere felici. “Per fortuna – è ancora Cesare Pagazzi – il Signore è un signore: difende la propria gioia e anche quella degli altri, come fece alle nozze di Cana. Come fa ogni giorno”.