La Sacra Scrittura di domenica 31 ottobre

Il commento di don Michele Mosa. «Cristo invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta»

Eterno inevitabile squilibrio: Cristo è l’unico sacerdote eppure il mondo è pieno di sacerdoti. Cristo è l’unico mediatore fra Dio e gli uomini eppure il mondo sforna ogni giorno mediatori del sacro. Inevitabile, banale domanda: perché? Sappiamo che ogni religione ha i suoi sacerdoti perché non c’è religione senza culto: si può pregare individualmente ma il culto pubblico ha bisogni di riti e di sacerdoti. (…) Anche il cristianesimo ha il suo culto, dunque i suoi sacerdoti. Allora qual è la differenza? Rispondo in modo certamente troppo breve, saltando tanti passaggi logici e guardando subito alla conclusione. So che questo mi metterà sulla graticola ma credo che la riflessione sia compito di ogni uomo e donna (…). Forse potrei dire così: nel cristianesimo il prete non è un medium fra Dio Trinità e l’uomo, non è il necessario intermediario che conosce le parole della preghiera e del rito (che diventa una magia più che una relazione interpersonale Dio-Io/Comunità). E non solo come ci ha ricordato Papa Francesco perché il prete non è un funzionario ma un mediatore – perde la vita non sbriga un lavoro – ma soprattutto perché – di questo sono convinto – è segno di una presenza che lo supera: se volete chiamatela Trascendenza. Io preferisco pensare alla Misericordia, cioè all’esagerazione dell’amore di Dio, anzi al Dio-Amore che non si vergogna di abbassarsi e di condividere le nostre fragilità e di “nascondersi” negli uomini, di fare degli uomini segni – quindi vanno decifrati e interpretati come tutti i segni, e talvolta sono travisati – della sua presenza. Ricordo che mi aveva impressionato e fatto riflettere una considerazione della teologa Stella Morra: i paramenti liturgici sono come un costume: dicono di un rimando a una Presenza, quella di Cristo Sacerdote, che c’è ma va cercata. E se per trovarla – o se anche fosse solo per cercarla – bisogna cambiare registro, imboccare una strada nuova, facciamolo. E con coraggio. A molti so che non piace ma lo propongo a chi vuole pensare: rileggete l’articolo che Alberto Melloni pubblicò su “La Repubblica” del 22 marzo 2017: “La Messa è finita”. Terminava così: «Non ci sono solo le vocazioni in calo, è il ruolo del sacerdote a declinare. Tra burocrazia e solitudine». E – mi piacerebbe discuterne con gli altri preti e con i laici, e perché no con i vescovi – le Unità Pastorali ne sono una prova. Almeno in molti casi.

 

Don Michele Mosa