Scuola di Cittadinanza e Partecipazione della Diocesi di Pavia, l’intervento del Vescovo Corrado Sanguineti

L'incontro al Collegio Cairoli sul tema " Democrazia vs. Autocrazia. Passato, presente e futuro"

Di Mons. Corrado Sanguineti (Vescovo di Pavia)

 

 Saluto i responsabili della pastorale sociale e del lavoro della nostra diocesi che hanno promosso questo incontro, nel percorso della “Scuola di Cittadinanza e Partecipazione” di quest’anno, dedicato al tema della prossima Settimana Sociale dei cattolici in Italia, che si terrà a Trieste, dal 3 al 7 luglio 2024 e avrà come tema “Al cuore della democrazia”. Saluto e ringrazio gli illustri relatori che questa mattina ci aiuteranno a mettere a fuoco un tema particolarmente rilevante nel panorama internazionale, in parte segnato da un confronto sempre più accentuato tra forme di democrazia di tipo rappresentativo, e forme di autocrazia più o meno aperte e dichiarate. Un confronto tra due modelli di società e di governo, che coinvolge visioni opposte della persona e della società, e che purtroppo sta assumendo il carattere di un vero e proprio “scontro”, con obiettivi strategici e con politiche di guerra e di intimidazione.

Non voglio adesso entrare nell’argomento specifico di questa mattina, e sono davvero interessato ad ascoltare con voi le riflessioni che ci saranno proposte. Mi preme soltanto ricordare che il modello sociale e umano delle autocrazie è alternativo a quello delle democrazie, che, pur con i loro limiti e debolezze, esprimono una concezione dello stato e della vita sociale, che intende rispettare e promuovere la libera soggettività dei cittadini e delle aggregazioni libere della società, delle famiglie e dei corpi intermedi. Non è un caso che nel magistero della Chiesa cattolica, soprattutto a partire dalle fine del XIX secolo con Papa Leone XIII e lungo tutto il Novecento, fino ad oggi, è maturata una preferenza per la democrazia, come forma di governo dei popoli, e allo stesso tempo, si sono messi in luce fragilità interne alle moderne democrazie occidentali, che talvolta si sposano con una visione completamente laica della vita e con una prospettiva etica improntata a un sostanziale relativismo.

Mi limito solo ad alcuni cenni. Certamente un testo di riferimento rimane il radiomessaggio di Pio XII per il Natale 1944, dedicato a delineare linee e orientamenti di una futura costruzione democratica per le nazioni, all’indomani della terribile guerra, di cui si profilava la fine, con la vittoria delle forze alleate contro la Germania nazista. Il pontefice muoveva la sua riflessione proprio dall’esperienza tragica che i popoli europei avevano sperimentato, sotto l’affermarsi di governi autocratici e totalitari. Sotto il sinistro bagliore della guerra che li avvolge, nel cocente ardore della fornace in cui sono imprigionati, i popoli si sono come risvegliati da un lungo torpore. Essi hanno preso di fronte allo Stato, di fronte ai governanti, un contegno nuovo, interrogativo, critico, diffidente. Edotti da un’amara esperienza, si oppongono con maggior impeto ai monopoli di un potere dittatoriale, insindacabile e intangibile, e richieggono un sistema di governo, che sia più compatibile con la dignità e la libertà dei cittadini.

Queste moltitudini, irrequiete, travolte dalla guerra fin negli strati più profondi, sono oggi invase dalla persuasione — dapprima, forse, vaga e confusa, ma ormai incoercibile — che, se non fosse mancata la possibilità di sindacare e di correggere l’attività dei poteri pubblici, il mondo non sarebbe stato trascinato nel turbine disastroso della guerra e che affine di evitare per l’avvenire il ripetersi di una simile catastrofe, occorre creare nel popolo stesso efficaci garanzie.

In tale disposizione degli animi, vi è forse da meravigliarsi se la tendenza democratica investe i popoli e ottiene largamente il suffragio e il consenso di coloro che aspirano a collaborare più efficacemente ai destini degli individui e della società? Nel lungo discorso, Pio XII, con grande lucidità, affrontò una serie di questioni, determinanti per un’attuazione autentica di regimi democratici, rispettosi dei diritti dei popoli e dei cittadini.

Premesso che la democrazia, intesa in senso largo, ammette varie forme e può attuarsi così nelle monarchie come nelle repubbliche, due questioni si presentano al Nostro esame:

l° Quali caratteri debbono contraddistinguere gli uomini, che vivono nella democrazia e sotto il regime democratico? 2° Quali caratteri debbono contraddistinguere gli uomini, che nella democrazia tengono il pubblico potere? Non è questa la sede per ripercorrere tutto il magistero della Chiesa, dal Concilio Vaticano II a oggi, sul tema della democrazia, sui suoi fondamenti morali, sui limiti e i rischi di una deriva relativista, in cui le maggioranze potrebbero giungere a stabilire leggi e disposizioni contro il bene dell’uomo o lesive dei diritti delle minoranze e dei soggetti più fragili, senza voce e senza rappresentanza:

La Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno. Essa, pertanto, non può favorire la formazione di gruppi dirigenti ristretti, i quali per interessi particolari o per fini ideologici usurpano il potere dello Stato.

Un’autentica democrazia è possibile solo in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana. Essa esige che si verifichino le condizioni necessarie per la promozione sia delle singole persone mediante l’educazione e la formazione ai veri ideali, sia della «soggettività» della società mediante la creazione di strutture di partecipazione e di corresponsabilità. Oggi si tende ad affermare che l’agnosticismo ed il relativismo scettico sono la filosofia e l’atteggiamento fondamentale rispondenti alle forme politiche democratiche, e che quanti son convinti di conoscere la verità ed aderiscono con fermezza ad essa non sono affidabili dal punto di vista democratico, perché non accettano che la verità sia determinata dalla maggioranza o sia variabile a seconda dei diversi equilibri politici. A questo proposito, bisogna osservare che, se non esiste nessuna verità ultima la quale guida ed orienta l’azione politica, allora le idee e le convinzioni possono esser facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia (Giovanni Paolo II, Centesimus Annus, 46).

Su questo rischio si sono espressi soprattutto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ma anche Francesco, nella sua ultima lettera enciclica Fratelli tutti ha dei passaggi significativi sul pericolo di una democrazia che si frantuma nella rivendicazione di diritti individuali, a tutela dei desideri dei singoli soggetti o gruppi. Resta vera l’osservazione spesso ribadita da Joseph Ratzinger dell’impossibilità di uno stato laico e liberale di sostenersi senza una base morale, che deriva da tradizioni e convinzioni etiche e religiose: una democrazia puramente procedurale finisce per non avere fondamenti che garantiscano la vita comune e la tutela di tutti i soggetti. Tuttavia, pur con questi interrogativi e questi rischi, la democrazia resta la migliore, seppur imperfetta, forma di vita e di governo, che dovrebbe garantire meglio le libertà e i diritti della persona e la soggettività della società nelle sue differenti espressioni.

L’autocrazia, nelle sue varie forme, soprattutto quando assume caratteri totalitari, anche se apparentemente è più efficace e rapida nei processi decisionali e di governo, facilmente assume forme violente e intolleranti, e alla fine, mostra di non corrispondere alle attese di libertà e di buon governo, e d’inseguire logiche vecchie di supremazia e dominio.

Nel confronto in atto tra autocrazie e democrazie liberali, occorre essere coscienti di che cosa è in gioco, perché altrimenti non si avranno sufficienti motivazioni e chiare determinazioni nel far crescere il senso autentico della democrazia, come forma di partecipazione dei cittadini e della società nel governo e nell’indirizzo di uno stato o di una comunità di stati, e nella disponibilità a difendere e a custodire l’esercizio della libertà delle persone, delle famiglie e dei popoli.