Università di Pavia: l’intervento del pianista iraniano Ramin Bahrami

La sua "lectio magistralis" al Teatro Fraschini per l'apertura dell'anno accademico. "L'Iran era un paese pieno di vitalità"

Di Maestro Ramin Bahrami

Carissimi amici,

innanzitutto, vorrei ringraziare le autorità, a cominciare dal Magnifico Rettore prof. Svelto, che ha voluto la mia presenza durante l’inaugurazione di questo prestigioso ateneo. È sempre bello essere parte di un anno accademico che inizia, e poter parlare con tutti voi. Io sono qui soprattutto per parlarvi della mia esperienza umana e artistica. In un momento davvero buio per la nostra umanità e civiltà. Per dirvi che è proprio in questi momenti che l’uomo può rinascere e risplendere, tenendosi per mano con i suoi simili. Riscoprire la compassione e la bellezza della cultura umanistica, creando nuove opportunità e occasioni. L’epoca in cui viviamo, anzi, con la quale tentiamo di convivere, è rappresentata da una politica sempre meno attenta al bello e approntata a fare profitto a tutti i costi, a mandare le armi, anziché cercare il dialogo. Siamo reduci da una pandemia che ha generato paura e terrore e tanta disumanità. Ma, allo stesso modo, nuovi orizzonti e una nuova luce. La vostra luce ed energia ne sono una prova tangibile. Il vostro entusiasmo per la vita e la vostra creatività mi rendono molto fiducioso. Io sono nato 45 anni fa a Teheran, capitale dell’Iran. In una famiglia letteralmente cosmopolita. Da padre metà tedesco e metà iraniano, e mamma di origini russo-turche. In un paese libero e pieno di vitalità, colori e sapori cangianti. Poter danzare, baciarsi pubblicamente, cantare le canzoni di Michael Jackson, solo per citare alcune libertà fondamentali, sono atti repressi puntualmente da 40 anni in quel Paese.

Mi è stato raccontato della grande solidarietà manifestata dai giovani italiani nelle piazze e nelle università italiane ed europee. Tutto questo è straordinario e vi fa onore. Gli esseri umani sono come le voci di una composizione di Johann Sebastian Bach, di cui, più tardi, eseguirò un piccolo assaggio.  Se una voce è stonata o va fuori tempo e non si relaziona con le altre, si distrugge l’insieme. Esattamente come nella società, anche nella musica bisogna che tutte le voci siano funzionanti. In un mondo dove migliaia di persone tutti i giorni muoiono o non hanno da mangiare non si ascolta una bella partitura musicale. Oggi, nell’era della digitalizzazione, che, va evidenziato, è una benedizione, abbiamo modo di vedere cose che altrimenti non vedremmo mai e possiamo viaggiare stando seduti a casa nostra.  Qualcuno direbbe che si tratta di un progresso; lo è, ovviamente. Ma è una cosa che ha fatto meglio di noi e prima di noi Johann Sebastian Bach. Senza avere un computer. E senza avere messo piede in Italia, Scrivendo il più bel concerto italiano della storia della musica. Ora vorrei dirvi i pezzi che vado ad eseguire. Il primo pezzo sarà il primo tempo del concerto italiano, dove sentiremo tutta la vivacità e creatività del barocco italiano. Poi ci sarà un momento riflessivo con l’aria dalle Variazioni Goldberg e, per finire il nostro viaggio, un vero e proprio parlamento musicale europeo che è la prima partita in si bemolle maggiore, dove i Paesi vengono rappresentati dalle varie danze di corte dell’intera comunità europea. Con una sola differenza rispetto all’Europa moderna: quella Europa era molto più accogliente e lungimirante e aveva spazio persino per le civiltà più lontane; basti pensare alla sarabanda, che era una danza persiana dal carattere molto malinconico.

Prima di salutarvi con la musica, a questo punto, vi dedico una citazione di Johann Sebastian Bach, il grande: “La musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c’è fuori”.