La “Via Crucis” a Pavia: la riflessione del Vescovo Corrado

La sera di venerdì 11 aprile dalla Casa del Giovane alla basilica del Ss. Salvatore

Di Mons. Corrado Sanguineti (Vescovo di Pavia)

 

Carissimi fratelli e sorelle,

Abbiamo ripercorso il cammino della croce, muovendo i passi dalla Casa del Giovane e giungendo a questa chiesa del Santissimo Salvatore: un percorso breve e intenso, un percorso di speranza.

Sì, il cammino della croce diventa in questo Anno Santo, Giubileo della speranza, un segno di speranza, la speranza di un amore più forte di ogni male, un amore mite e debole, come quello di Gesù crocifisso, e allo stesso tempo un amore potente che vince il male con il bene e che si manifesta nel dono libero e totale di sé che Cristo vive di fronte al Padre e agli uomini.

Proprio la via del dono e dell’amore, che il servo di Dio Don Enzo ha così profondamente testimoniato e incarnato, e che ancora oggi diventa strada per la rinascita di tante vite spezzate e ferite, è la via della Pasqua, è la via della risurrezione: il Padre non abbandonerà il suo Figlio al buio della morte e gli donerà pienezza di vita nella risurrezione proprio accogliendo l’atto d’offerta di Cristo e confermando così la verità di una vita donata fino alla fine.

Non voglio aggiungere molte parole a quelle che abbiamo ascoltato e pregato nella Via Crucis di questa sera: desidero solo richiamare a tutti noi la duplice dimensione che forma la ricchezza e il mistero di quella «parola della croce» che siamo chiamati ad ascoltare e a vivere.

C’è una dimensione storica della Via Crucis che riviviamo in modo particolare il giorno del Venerdì Santo: è il cammino della croce, portata da Cristo, condannato innocente al supplizio orribile della crocifissione, avvenuto una volta sola, per le vie di Gerusalemme, probabilmente nella confusione della folla, nell’indifferenza di tanti, nel dolore e nella trepidazione di Maria e delle altre donne, sostenute dal discepolo fedele, l’apostolo Giovanni, e poi soccorse da Giuseppe d’Arimatea e da Nicodemo.

Nella preghiera, nella memoria, nella contemplazione del racconto evangelico, noi ci riportiamo con la mente e il cuore a quell’evento, affondiamo gli occhi sulle sofferenze di Gesù, sulla profondità insondabile della sua sofferenza fino alla morte, sul suo abbandono totale al Padre, sulla completa assenza in lui di parole di odio, di maledizione, di bestemmia, di disperazione …

C’è poi una dimensione mistica e spirituale della Via Crucis e dell’intera passione di Cristo, che deriva dal mistero di Gesù, Figlio di Dio fatto uomo: nella sua Incarnazione egli si è unito, in certo modo, a ogni uomo, e nella sua sofferenza ha abbracciato e portato su di sé le sofferenze di ogni uomo e di ogni donna, le sofferenze degli innocenti, il peso oscuro e immenso del dolore del mondo. Tanto che la passione di Cristo si prolunga nella passione delle sue membra, nella passione dei suoi discepoli, perseguitati nei secoli, nella passione dei giusti e degli innocenti, che sono folle e popoli, vittime della violenza, dell’ingiustizia, della povertà, dell’inequità del mondo, della follia di ogni ideologia totalitaria.

Così nella preghiera della Via Crucis noi ci mettiamo in ascolto del grido spesso silenzioso o tacitato dei poveri, dei fragili, dei bambini vittime delle guerre e di violenze innominabili, di abusi, sfruttati nel lavoro e resi “piccoli soldati” con le armi in mano, oppure spenti e privati della vita quando erano nel grembo della loro madre. Ascoltiamo il grido dei migranti, morti nei deserti o in mare, torturati e vessati in luoghi indegni di detenzione, ascoltiamo il grido di ogni vittima delle guerre. Ascoltiamo il gemito dei malati, degli anziani abbandonati, dei giovani disperati, degli adolescenti feriti e confusi, delle famiglie spezzate, delle donne violentate e uccise, magari dai loro stessi ex-compagni e mariti,

Raccogliendo questo grido dell’umanità sofferente, lo trasformiamo in preghiera, in supplica al Padre, nella certezza che nessuna lacrima va perduta, che Dio conta e asciuga le lacrime di chi è nel dolore e in questa opera di misericordia ci coinvolge, ha bisogno, vuole avere bisogno di noi, delle nostre mani, dei nostri cuori, della nostra voce, delle nostre braccia.

Così la preghiera della Via Crucis diventa appello e richiamo che disturba e provoca, inquieta e sommuove la nostra indifferenza, trasforma il nostro cuore di pietra, arido e insensibile, in un cuore di carne, che impara a “com-patire”, ad amare, a chinarsi sui “crocifissi” di oggi, a farsi noi ora “Cirenei” di chi porta croci troppo pesanti e disumane.

Una Via Crucis nel segno della fede, che riconosce e adora il mistero dell’uomo-Dio sofferente, crocifisso e vincitore della morte, nel segno della speranza, che dalla Pasqua del Signore s’irradia, trasformando al croce in segno di vita e di salvezza, di redenzione e di liberazione, e nel segno della carità, che dal cuore di Cristo fluisce e passa nei nostri cuori. Amen!