Giacomo Leopardi: “E tutto partì da una finestra sull’infinito”

La riflessione del Dott. Gustavo Cioppa, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia

La poesia di Giacomo Leopardi è poesia della poesia: “Lacrimae rerum”    per dirla con Virgilio. Lo sguardo da poeta è sempre umido di lacrime, compassionevole, solidale, partecipe della sofferenza cosmica. Sguardo empatico: “moto fuori di sé, in tutte le cose” (Paul Valery), una cosa sola con la carne del mondo. Leggendo lo “Zibaldone dei pensieri”, in ogni frammento percepiamo la compassione nei confronti del fratello che soffre, sia che si tratti di una persona che di un animale; la compassione verso sé in quanto essere sofferente, mancante, mortale. E sempre nello Zibaldone ritroviamo l’accettazione consapevole, e perciò ragionata (Leopardi è sommo poeta e sommo filosofo), del dolore della vita che però si ribalta in “Amor fati”. A tale proposito basti rileggere i frammenti n. 259 – 260: “Hanno questo di proprio le opere di genio, che, anche quando rappresentino al vivo la nullità delle cose, quando anche dimostrino evidentemente e facciano sentire l’inevitabile infelicità della vita, quando anche esprimano le più terribili disperazioni, tuttavia ad un’anima grande, che si trovi anche in uno stato di estremo abbattimento, disinganno, nullità, noia e scoraggiamento della vita o nelle più acerbe e ‘mortifere’ disgrazie (sia che appartengano alle alte e forti passioni, sia a qualunque altra cosa), servono sempre di consolazione, raccendono l’entusiasmo ; e non trattando né rappresentando altro che la morte, le rendono, almeno momentaneamente, quella vita che aveva perduta”. I frammenti 259-260, pertanto, ribaltano il pensiero (erroneo, riduttivo) della critica imperante nel Novecento, che ha visto nell’opera di Leopardi nient’altro che l’esemplificazione del pessimismo. No, Leopardi non è un pessimista. Egli è, semmai, un realista. E sempre lo “Zibaldone dei pensieri” anticipa quello scrivere per frammenti che costituisce la forma letteraria del Novecento. Lo Zibaldone prefigura nella forma, nel contenuto, nel sentire un libro emblema della tonalità emotiva e del dramma del Novecento. Si tratta del “Libro dell’inquietudine” di Fernando Pessoa. Il frammento, anticipato, profetizzato nello Zibaldone di Giacomo Leopardi si qualificherà nel XX e nel XXI secolo – essendo tutto irrimediabilmente de- strutturato, de-flagrato, liquido – come forma privilegiata.
Nell’aeropago dei grandissimi poeti la stella di Leopardi seguita e seguiterà a splendere, come Sirio in una notte magica dall’aria sovranamente trasparente.

 

Dott. Gustavo Cioppa (Magistrato, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia)