Covid-19: la lettera aperta del sindaco di Pavia, Mario Fabrizio Fracassi, al premier Giuseppe Conte

L'invito a rivedere i provvedimenti su bar, ristoranti, palestre, cinema e teatri e ad "ascoltare i territori"

Sig. Presidente,
ho lungamente atteso prima di scriverLe questo messaggio, che è innanzitutto una manifestazione di dispiacere.
Ho atteso perché non La voglio distogliere dai Suoi impegni, che ora più che mai riguardano la vita di tante persone, purtroppo in senso letterale.
Ho atteso perché ritengo che ci siano dei momenti, e questo lo è certamente, in cui ci si deve unire, per trovare tutti insieme una soluzione ai problemi; e ho temuto che un messaggio come questo potesse essere male interpretato.
Tuttavia, non posso più tacere.
Considero, e tanti altri con me, che il DPCM del 24 ottobre sia un grave errore: un errore che può mettere a repentaglio il presente e il futuro di questo Paese, che tutti noi, ne sono certo, amiamo.
Lei ha ragione nel dire che la salute viene prima di tutto. È perfino ovvio. Forse è meno ovvio, ma è drammaticamente vero, che non solo la salute è vita: anche l’economia lo è. Soprattutto per chi non ha garanzie.
La mia impressione, ed è l’impressione di tanti, è che il DPCM del 24 ottobre questo non lo abbia tenuto in debito conto.
Mi creda: comprendo le difficoltà. Non voglio dire che sia facile trovare un bilanciamento tra le esigenze della sanità e quelle del commercio, della vita di tutti i giorni.
È difficile, e neanch’io ho tutte le risposte, ma posso dire con certezza che gli ultimi provvedimenti governativi, in questo, hanno fallito; e lo hanno fatto oltre ogni misura.
Lo sbaglio più evidente è stato quello di individuare un falso nemico: i bar, i ristoranti, le palestre. Perfino i cinema e i teatri, in cui, ad oggi, non risultano numeri di contagio rilevanti, e che hanno compiuto ingenti investimenti e significative rinunce per adeguare le proprie attività agli standard di sicurezza più avanzati.
Poco o niente è stato fatto, invece, per limitare quelle situazioni che sono, invece, probabili fucine di contagio: gli assembramenti. A partire dai trasporti, per i quali, nonostante le molte sollecitazioni, non sono arrivati piani e contributi nazionali adeguati che aiutassero gli enti locali a implementare le corse e a rendere gli spostamenti meno pericolosi. Tanto che è stato necessario puntare, ancora una volta, sulla didattica a distanza, proprio per impedire occasioni di assembramento che precedono e seguono l’accesso dei ragazzi nelle scuole, che sono state bravissime nell’adeguarsi in tempi rapidi alla nuova realtà, anche con il fondamentale contributo dei Comuni. Purtroppo inutilmente.
Perché?
L’impressione, e lo dico con profonda amarezza, è che i territori non vengano ascoltati e che si preferisca calare le decisioni dall’alto, nell’illusione che il confronto non serva, quando invece è indispensabile.
In Lombardia, per esempio, la Regione, consultandosi con i Sindaci, aveva attuato misure certo dolorose, ma che andavano nella direzione di un compromesso tra le necessità dell’economia e quelle della sanità. Per dirne una, individuando come orario di chiusura le 23:00: misura che impedisce la movida (ora pericolosa) senza costringere gli esercenti a una chiusura che, giunti a questo punto, per molti rischia di non essere temporanea, ma definitiva.
Perché abbandonare quella strada?
Non si dica, lo chiedo davvero invocando l’onesta intellettuale, che il problema non si pone, perché sono stati previsti dei “ristori” per i commercianti.
Signor Presidente, ci sono commercianti che aspettano ancora i “ristori” di Marzo.
La gente chiede solo di lavorare, non vuole promesse che si concretizzeranno chissà quando e chissà come: guardiamo in faccia la realtà.
Signor Presidente, siamo ancora in tempo per correggere la rotta.
La prego: lo faccia.
Ascolti i territori.
Ascolti quelle Istituzioni che, più di tutte, sono vicine alle persone.
Non ragioni in termini di schieramenti. Non ragioni in termini di partiti.
Noi siamo qui.
Trovi il coraggio per ascoltarci, come noi abbiamo trovato il coraggio di aprire il dialogo.

Mario Fabrizio Fracassi
Sindaco di Pavia