Al S. Matteo di Pavia un delicato trattamento di aferesi su donna in gravidanza malata di anemia falciforme

Dopo la procedura, la paziente ha partorito: sia lei che il bambino stanno bene e sono stati dimessi

È stato portato a termine con successo al Policlinico San Matteo di Pavia un delicato trattamento di aferesi su una giovane donna giunta al termine della gravidanza e affetta da anemia falciforme. Si tratta di una malattia causata da mutazioni genetiche che comportano la produzione di una forma anomala di emoglobina, la molecola deputata al trasporto dell’ossigeno presente nei globuli rossi. La forma irregolare dell’emoglobina ostacola il passaggio attraverso i vasi sanguigni più piccoli, rallentando o bloccando il flusso del sangue, con gravi conseguenze sugli organi, come il sistema nervoso centrale (con la possibile conseguenza di un ictus) e il miocardio (con il pericolo di infarto), e con il rischio che si verifichino delle trombosi.
La procedura di eritroaferesi, utilizzata per separare i globuli rossi, è durata oltre due ore ed è stata eseguita da Gianluca Viarengo, responsabile del servizio aferesi.
“E’ una procedura specialistica che si esegue utilizzando un separatore cellulare – spiega Cesare Perotti, direttore del Servizio Immunotrasfusionale del San Matteo -. In questo caso, a renderla particolarmente delicata è stato il periodo di gestazione in cui è stata eseguita, ovvero, al termine della gravidanza. Questo richiede un costante monitoraggio del feto perché è alto il rischio che lo stress indotto dalla procedura stessa induca una crisi falcemica nella gestante, con conseguenze sul nascituro. Anche la selezione richiede un lavoro molto attento e minuzioso per arrivare alla scelta delle sacche più idonee”.
Subito dopo la procedura, è stato indotto il parto che è avvenuto per le vie naturali, con analgesia precoce per evitare che lo stress del parto provocasse una crisi falcemica. Sia la madre che il bambino stanno bene e sono stati dimessi. “Questo episodio rappresenta il risultato di un lavoro d’equipe – conclude -. Certamente, questo è stato possibile anche grazie ai nostri donatori e alla loro generosità”.​