“Delle pratiche cultuali in alcuni sodalizi criminali”

La riflessione di Mario Mocellini

Ci si chiede come alcuni convincimenti possano determinare in un individuo, o un gruppo di individui, un particolare atteggiamento nei confronti dell’ordinamento giuridico. In particolare, nell’ambito di alcuni sodalizi criminali, come certe convinzioni religiose determino o meno una certa peculiare considerazione delle leggi; qualora siano presenti pratiche comuni di carattere religioso, come simili pratiche possano o meno condizionare l’atteggiamento dei consociati nei confronti delle norme giuridiche. Destò un certo clamore la pubblicazione del testo di Guido Panvini “Cattolici e violenza politica. L’altro album di famiglia del terrorismo italiano” (Marsilio 2014), ove si evidenziava come nelle Brigate Rosse ci fosse spesso una comune formazione cattolica dei suoi componenti, anche in posizioni apicali. Per quanto possano risultare suggestive alcune ricostruzioni non è dimostrato che nel sodalizio ci fossero pratiche religiose comuni, certo, può essere che il singolo individuo le ponesse in essere, ma non vi è prova che fosse un atteggiamento generalizzato e imposto dall’organizzazione. Interessante lo studio di Alessandra Dino “La mafia devota” (Laterza 2008), sintetizzando, questo lavoro dimostra che in Cosa Nostra, invece, è ben nota l’esistenza di una pratica religiosa e di una professione di fede sfacciatamente mostrata, atti che possono apparire strumentali, funzionali al conseguimento di vantaggi, di legittimazione o di consenso. Ancora: i sodali attribuiscono estrema importanza alla partecipazione alle funzioni religiose, i mafiosi hanno sempre amato apparire devoti e caritatevoli, filantropi e benefattori, tentando di dare una rappresentazione verosimile della loro religiosità. Siamo di fronte a un Dio antropomorfizzato, senza trascendenza, la cui funzione è quella di gestire le gerarchie ed eventualmente “fare giustizia”. Se questa religiosità ha una funzione di tipo sociale di controllo ed indirizzo, dall’analisi delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia si desume che il mafioso tende ad identificarsi con Dio e si considera come un suo strumento di giustizia è evidente, quindi, che le leggi umane sono insignificanti per questo soggetto che risponde ad altre regole.

 

“A che tipo di pratiche siamo di fronte? “

 

Un altro tentativo di analisi, tuttavia, mi interessa maggiormente. A che tipo di pratiche siamo di fronte? Se nella mafia nigeriana gli atti di culto sono in qualche modo strumentali all’attività criminale: ricatti nei confronti degli associati, rituali contro i nemici dell’organizzazione comprese le forze dell’ordine, veri e propri rituali di magia nera o stregoneria, in Cosa Nostra la questione è più complessa. Stride, infatti, il contrasto tra le pratiche cattoliche e le condotte criminose poste in essere dagli associati. Come prima cosa bisogna dissipare ogni dubbio in ordine al fatto che sicuramente non siamo di fronte a una tradizione orale, riservata a pochi, della Chiesa. Tale tradizione, esiste, lo afferma Origene in modo velato, lo dice apertamente Jean Daniélou, ma lo si desume anche dalle opere e dalla vita di Louis Charonneau Lassay per esempio, tuttavia, è assolutamente cristica e spiritualmente elevatissima, impossibile pensare che possa avallare crimini. In altri ambiti possiamo osservare l’uso strumentale di simboli cattolici ai quali però si dà una valenza diversa, ci si riferisce a pratiche quali quelle della macumba, santeria eccetera, dove il praticante porge la sua devozione ad enti il cui simbolismo cattolico viene però distorto, torniamo così all’uso strumentale come quello della mafia nigeriana. Anche questa interpretazione non è convincente in quanto i simboli cristiani non vengono stravolti e sono apparentemente accolti nella loro valenza originaria. Si potrebbe allora forse ritenere che siamo in presenza di una sorta di superomismo, Julius Evola, nelle sue scellerate tesi, spiega bene in Teoria dell’individuo assoluto (Mediterranee 1998) e Fenomenologia dell’individuo assoluto (Mediterranee 2007), cosa si debba intendere: un uomo che è artefice di se stesso, non ha legge, divina o umana, e sfida Dio scalando il cielo per usurpare, pratiche titaniche conosciute anche come via della mano sinistra. Anche questa rappresentazione lascia però perplessi, al massimo il mafioso potrà pensare di essere uno strumento della giustizia divina, ma non sfida Dio, pur avendone ovviamente una idea fallace, potrà forse spingersi ad identificarsi con la divinità ma è inconcepibile un sentimento di rivolta. Analizzando i resoconti dei collaboratori di giustizia vediamo che il rito para religioso più importante in Cosa Nostra è quello dell’iniziazione, alcuni impropriamente, a parere di chi scrive, lo definiscono battesimo. E’, invece, solo apparentemente simile al battesimo cattolico in quanto sembra assumere altre valenze, un carattere iniziatico proprio di ordini od organizzazioni esoteriche. René Guénon, il cui impianto concettuale generale è probabilmente discutibile, illustra però chiaramente in cosa consiste una iniziazione e qui ne ricorrono tutti gli elementi. Iniziazione, initium, principium, morire alla vecchia vita per addivenire ad una nuova, l’associato diventa una persona diversa, è vincolato al giuramento di riservatezza, si impegna altresì a rispettare la gerarchia, accetta le conseguenze terribili in caso di violazione dei segreti, si sottopone a una prova iniziatica (la così detta “punciuta” quando si versa del sangue su una immagine sacra). Tutti questi elementi fanno riflettere, spesso i consociati a Cosa Nostra si richiamano a un gruppo mitico, i Beati Paoli, una compagine, la cui esistenza non è mai stata provata, ma le leggende tratteggiano qualcosa di simile alla Santa Vehme, i così detti Franchi Giudici. Ebbene, si potrebbe pensare che certi retaggi discendano da una qualche organizzazione cavalleresca, un gruppo iniziatico che si è deteriorizzato e Cosa Nostra conserva solamente gli aspetti esteriori, avendo perso ogni principio iniziatico sapienziale e ha quindi totalmente dimenticato gli antichi intendimenti. Da notare, infine, che simili gruppi hanno un atteggiamento esoterico verso l’interno, con insegnamenti quindi riservati, ed essoterico verso l’esterno, col conseguente obbligo di seguire le ritualità cattoliche.

 

“Il problema di un inquinamento dello Spirito della Chiesa”

 

Se questa ricostruzione è valida, rimane comunque il problema di un inquinamento dello Spirito della Chiesa, qualcuno forse parlerebbe di eggregore, un detrimento cagionato dalla partecipazione alle Funzioni di persone spiritualmente non valide le cui condotte presentato aspetti tenebrosi e le pratiche devozionali religiose poste in essere da questi hanno un qualcosa di simile al vampirismo, dove ad esempio si chiede protezione a Dio prima di un atto criminale, magari un omicidio. Ci viene allora forse in soccorso un concetto che promana da una pratica dell’ebraismo, un passo di un rituale di Yosef Chayim (Ben Yish Chay) che così recita: “[Signore] Previenili [i demoni] dal nutrirsi dai Santi Nomi”.

 

Mario Mocellini