La Sacra Scrittura di domenica 27 marzo

Il commento di don Michele Mosa. «In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori»

Ambasciatore: nuovo nome dell’apostolo, potrei quasi dire. Porta una parola, compie una missione, gioca in prima persona ma non può dimenticare di essere la “longa manus” di qualcun altro. Ambasciatore: ruolo fondamentale che richiede capacità e preparazione. Pazienza e pugno di ferro. Ma che sa di essere al tavolo per mandato di un altro. Sa che le sue parole riflettono e trasmettono il pensiero di una altro (che lui certo può anche condividere). L’ambasciatore come l’apostolo sa che la missione non è né un precetto né tantomeno un privilegio. Non si tratta di eseguire ordini. È, e non potrebbe essere altrimenti, questione di relazione. Ecco, l’ambasciatore è un esperto di relazioni, un costruttore di ponti. L’ambasciatore/apostolo è portatore di una parola di cui è lui stesso destinatario. Invita ad accogliere la riconciliazione e la pace che lui per primo ha ricevuto come dono di Cristo. «Vi ho trasmesso anzitutto quello che anch’io ho ricevuto» (1Cor 1, 3). O per dirla con i padri domenicani: «contemplari et contemplata aliis tradere». Perché spiegava Tommaso d’Aquino che la vita attiva null’altro è se non annunciare con la predicazione ciò che si è contemplato. Questo troppo spesso ci manca: masticare anzi ruminare la Parola e lasciarsi avvolgere dal silenzio di Dio. Nella vita del Santo Curato d’Ars si racconta di un contadino che, ogni giorno e alla stessa ora, entrava nella chiesa parrocchiale, e si sedeva nell’ultimo banco. Non aveva libri di preghiere con sé perché non sapeva leggere; non aveva tra le mani nemmeno la corona del rosario. Ma ogni giorno, alla stessa ora, arrivava in chiesa e si sedeva nell’ultimo banco…e guardava fisso il Tabernacolo. San Giovanni Maria Vianney, incuriosito da quel modo strano di fare, dopo aver osservato quel suo parrocchiano per qualche giorno, gli si avvicinò e gli chiese: “buon uomo…ho osservato che ogni giorno venite qui, alla stessa ora e nello stesso posto. Vi sedete e state lì. Ditemi: cosa fate?”. Il contadino, scostando per un istante lo sguardo dal Tabernacolo rispose al parroco: “Nulla, signor parroco…io guardo Lui e Lui guarda me”. E subito, riprese a fissare il Tabernacolo. Coraggio ambasciatori-apostoli: affondate le radici nella misericordia del Padre e regalate a tutti gli uomini e a tutte le donne che incontrate.

 

Don Michele Mosa