La Sacra Scrittura di domenica 20 marzo

Il commento di don Michele Mosa. «Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere»

Ha il sapore della “morale” che conclude la favola: tutto ciò che vi ho detto porta a questa conclusione. O forse non è solo quello. Forse è un dire a se stesso di non salire mai sul piedistallo, di non sentirsi mai giudice dell’altro perché è troppo facile inciampare e cadere. Evita il moralismo. Pensaci bene prima di dare un consiglio indossando i panni del maestro. Mi viene in mente quello che ripeteva spesso mio papà: “quando ti senti sicuro, proprio in quel momento sbagli. Sta sempre attento e non sentirti mai troppo sicuro”. Oltretutto, ce lo ricordava già Paolo VI, il nostro mondo non ascolta più i maestri, vuole vedere testimoni (che poi non è detto segua). La strada allora è quella della conversione. Tema quaresimale per eccellenza? No, caratteristica propria del cristiano. Sappiamo tutti però che la conversione è qualcosa che abita nei desideri e nei cuori ma la nostra vita corre spesso su altri binari: siamo tutti bambini che continuano a fare promesse – mamma te lo giuro: farò il bravo – sapendo che sono promesse da marinai o da politici in campagna elettorale. Diceva il Cardinale Kasper: «Non si tratta forse di un sogno certo bello, ideale, ma purtroppo del tutto utopico? Non è forse una mera illusione? Possiamo davvero cambiare noi stessi ed il mondo in cui ci troviamo?» così – continua Kasper – «anche quando crediamo di vivere in una situazione impossibile da modificare, in realtà possiamo sempre cambiare il nostro cuore. E anche se non fossimo in grado di farlo, non ci dobbiamo scordare che Dio è più grande e più potente. È Dio stesso che rinnova il nostro cuore». Ci sostiene nel cammino sapere che Dio è misericordioso. E che il Padre non solo ti aspetta ma ti corre incontro. Nessuna morale dunque da parte di Paolo ma un invito, quasi un promemoria per ricordarci che si comincia sempre da se stessi. Guardare l’altro è consentito solo se lo fai dal basso. Per servire, non per giudicare.

Don Michele Mosa