“San Siro: quale parola direbbe oggi alla sua Chiesa?”

L'editoriale del Vescovo Corrado Sanguineti sull'ultimo numero de "il Ticino"

Per la città e la Diocesi di Pavia, il mese di dicembre, oltre che dal Santo Natale, è segnato dalla ricorrenza di San Siro, primo Vescovo della Chiesa pavese. Di lui sappiamo poco: vive nella metà del quarto secolo, contemporaneo di Sant’Ambrogio ed è molto probabile che sia stato un Vescovo evangelizzatore, itinerante, come altri in quel periodo. Pensando a lui, Vescovo evangelizzatore, sono richiamato, come pastore della Chiesa di Pavia, a quello che resta il primo compito di ogni Vescovo: essere a servizio del Vangelo, del suo annuncio e della sua testimonianza, perché la fede cristiana nasce e cresce dall’ascolto della Parola, che racchiude il mistero di Cristo. Senza annuncio e testimonianza della fede, il cristianesimo non si sarebbe fatto strada nei primi secoli, mentre andava decadendo l’impero di Roma e con esso un’intera civiltà, depositaria di grandi valori, allo stesso tempo non priva di ombre, segnata da una crescente corruzione morale e sociale, e dall’indebolimento delle sue istituzioni. Siro ha contribuito alla crescita della Chiesa, nella nostra terra, proprio animando e sostenendo la vita della comunità cristiana nei suoi primi passi e alimentando la fede nel cuore dei nostri lontani antenati, con l’annuncio di Cristo, crocifisso e risorto, e della sapienza nuova del Vangelo di Gesù. Così, nei secoli successivi – quelli dell’alto medioevo, spesso catalogati impropriamente come secoli bui – mentre la civiltà antica, greco-romana, conosceva un inarrestabile declino e sulla scena apparivano i nuovi popoli “barbari”, uomini come San Siro, Sant’Ambrogio, Sant’Agostino, e successivamente San Colombano, San Benedetto con i loro monaci che si diffondevano per l’Europa, hanno evangelizzato popoli e terre, hanno realizzato forme di vita nuova in cui il Vangelo informava ogni aspetto dell’umana esistenza, determinando una nuova socialità e una nuova cultura. Quest’opera ha plasmato, lentamente, il volto dell’Europa cristiana del medioevo, con inevitabili ombre e contraddizioni rispetto al Vangelo stesso, ma anche con frutti mirabili nel campo dell’arte, dell’architettura – è l’età delle grandi cattedrali e quante chiese magnifiche nella nostra Pavia sono nate allora! –della letteratura, della filosofia e della teologia: i frutti più eccelsi di questo processo storico e culturale portano il nome di Tommaso d’Aquino e di Dante Alighieri – solo per citare i più celebri.

 

La forza del Vangelo, annunciato, celebrato e vissuto

 

Alla radice della civiltà medioevale, imbevuta di riferimenti cristiani, non c’è stato un progetto di egemonia, una strategia di conquista, ma la forza del Vangelo, annunciato, celebrato e vissuto, nella vita di pastori, monaci, vergini consacrate, di comunità e famiglie: uomini  e donne che, in vario modo e con differente consapevolezza, si sono aperti alla fede cristiana e ne hanno sperimentato la forza umanizzante, la capacità di dare una forma nuova alle relazioni, alle attività, alle stesse istituzioni sociali e politiche. Non si tratta, evidentemente, di ripetere quello che fu realizzato allora, né tanto meno di sognare una nuova “cristianità”: sono ben noti i suoi limiti gravi e gli aspetti di violenza e d’intolleranza, non giustificabili nella coscienza del nostro mondo occidentale e siamo chiamati a stare dentro il nostro tempo senza nostalgie e rimpianti sterili.

 

San Siro ci richiama al primato dell’evangelizzazione

 

C’è, tuttavia, un aspetto che dovrebbe provocarci, soprattutto come cristiani in questo tempo: come viviamo nelle circostanze presenti, nelle nostre città e paesi, negli ambienti di vita, la nostra missione di annuncio e di testimonianza del Vangelo? Perché San Siro ci richiama al primato dell’evangelizzazione: la comunità cristiana condivide la vita degli altri uomini, compagni di cammino, mossa da un desiderio, che è dare testimonianza alla novità di Cristo, incarnare nelle forme dell’esistenza, nel modo di essere, di giudicare e di agire, la bellezza e l’umanità profonda della fede. Una Chiesa che si limitasse a ripetere parole di saggezza, a dare consigli di buon comportamento sociale, magari adeguandosi, in certi campi, a un linguaggio generico e “inclusivo”, o facendo semplicemente eco a raccomandazioni dello Stato e dell’OMS, forse troverà ascolto, almeno all’apparenza, entrerà nel circolo del “politically correct”, ma alla fine si confonderà con altre agenzie di pensiero e di costume, e perderà la sua forza attrattiva e la sua capacità di essere una “minoranza creativa”. Se San Siro fosse tra noi, che annuncio farebbe risuonare nei cuori dei pavesi di oggi? Su quali sentieri spingerebbe la sua Chiesa? Sono domande che, colloquiando con il nostro Santo patrono, andando a pregare sulla sua tomba, partecipando alle celebrazioni in suo onore, possono salutarmente inquietarci: la festa di San Siro sia occasione di ripensare il senso del nostro essere cristiani e quale “parola originale” la comunità cristiana è chiamata ad annunciare e a testimoniare qui e oggi.

 

Mons. Corrado Sanguineti (Vescovo di Pavia)