Coronavirus: domenica 29 novembre 167 nuovi casi di positività in provincia di Pavia

Il primario di Rianimazione del San Matteo: "Il peggio sembra passato"

Sono stati 20.648 i test per il Coronavirus risultati positivi domenica 29 novembre in Italia, secondo i dati del ministero della Salute. Le vittime sono 541. Sono 3.753 i pazienti ricoverati in terapia intensiva per il Covid-19 in Italia, 9 meno di ieri. Nei reparti ordinari si trovano invece ora 32.879 persone, 420 in meno nelle ultime 24 ore. Nelle ultime 24 ore in Italia sono stati effettuati 176.934 test per il Coronavirus, oltre 45 mila meno di sabato, con il consueto calo del weekend. Il rapporto tra positivi è tamponi è invariato all’11,7%.
LA SITUAZIONE IN LOMBARDIA
In Lombardia diminuiscono i ricoverati sia nei reparti (- 216, in totale ora sono 7.400) che in terapia intensiva (- 12, in totale 907). Il numero dei tamponi effettuati è 28.434 e 3.203 sono i nuovi positivi, con un rapporto che scende a 11,2% (ieri era 12,3%). I decessi registrati in un giorno sono 135. I guariti/dimessi sono 756. Per quanto riguarda le province, ci sono 973 nuovi positivi nella Città metropolitana di Milano, di cui 386 a Milano città. Sono 167 i nuovi casi di positività in provincia di Pavia: il totale dall’inizio della pandemia sale a 19.704. (ANSA)
IL PRIMARIO DI RIANIMAZIONE DEL SAN MATTEO DI PAVIA: “IL PEGGIO SEMBRA PASSATO”
“Siamo arrivati vicini al picco di ricoveri in terapia intensiva registrato a fine marzo, nella fase più acuta della pandemia di Covid-19. La sensazione è che adesso la situazione si vada stabilizzando: da alcuni giorni il numero dei nostri ricoverati è rimasto stabile, e la speranza è che possa ridursi nel corso delle prossime settimane”. A sostenerlo, in un’intervista pubblicata sull’ultimo numero de “il Ticino” è il prof. Francesco Mojoli, direttore del reparto di Anestesia e Rianimazione del Policlinico San Matteo di Pavia (nella foto, ndr). Negli ultimi cinque giorni il numero dei ricoverati per Coronavirus nella terapia intensiva del San Matteo è oscillato tra 54 e 51 (venerdì il dato era di 52). “La nuova ondata di contagi purtroppo è arrivata, come in parte era anche prevedibile – afferma Mojoli -. Rispetto alla scorsa primavera, è un’onda meno devastante; ma, anche se più bassa e lenta, si annuncia probabilmente più duratura. In marzo e aprile era stata interrotta dal lungo lockdown nazionale. Adesso si sono scelte misure in parte diverse, tenendo conto anche delle preoccupazioni economiche e della stanchezza della popolazione. Puntare su limitazioni parziali delle libertà personali, regolate in base all’andamento epidemiologico, può rivelarsi la scelta giusta: si limita l’impatto sulle strutture sanitarie, ma non si esasperano eccessivamente le persone”. Rispetto alle settimane drammatiche vissute negli ospedali in marzo ed aprile, oggi in molti casi si riesce ad avere un migliore approccio terapeutico con i pazienti. “L’esperienza fatta sul campo è stata utile – conferma il professor Mojoli -. Adesso conosciamo meglio la malattia, e sappiamo le cose da fare e quelle da evitare. Non dimentichiamo che in Italia siamo stati i primi nel mondo, dopo i cinesi, ad essere attaccati dal virus. Come capita spesso quando si deve combattere contro un nemico sconosciuto, si provano diverse armi: ma dopo la prima battaglia, ci si rende conto di quelle da utilizzare e quali invece vanno scartate. Come avviene anche per altre patologie, uno degli obiettivi più importanti è sostenere le funzioni vitali del paziente evitando possibili effetti collaterali”.