La Sacra Scrittura di domenica 31 maggio

Il commento di don Michele Mosa. «Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo»

Ascoltiamo queste parole proprio nei giorni in cui cade il 25° anniversario dell’enciclica “Ut unum sint”, promulgata da Giovanni Paolo II il 25 maggio 1995. Le parole di Paolo sembrano far da contrappunto alla “preghiera sacerdotale” di Gesù: la Trinità si riflette e si manifesta nella Chiesa. Lo scriveva Benedetto XVI: «Perché, che altro è la Chiesa se non la comunità dei discepoli che, mediante la fede in Gesù Cristo come inviato del Padre, riceve la sua unità ed è coinvolta nella missione di Gesù di salvare il mondo conducendolo alla conoscenza di Dio? Qui troviamo realmente una vera definizione della Chiesa». Comunità che ha nel Battesimo il suo fondamento e nello Spirito Santo la sua linfa vitale. Linfa che, come ricorda il Concilio Vaticano II «il Signore dei secoli … in questi ultimi tempi ha incominciato ad effondere con maggiore abbondanza nei cristiani tra loro separati l’interiore ravvedimento e il desiderio dell’unione», così che «è sorto, per impulso della grazia dello Spirito Santo, un movimento ogni giorno più ampio per il ristabilimento dell’unità di tutti i cristiani» (“Unitatis redintegratio”, 1). Un corpo solo che si esprime nella molteplicità delle sue membra, tutte dotate di pari dignità e tutte chiamate a dare il loro prezioso contributo. Forse potremmo riprendere il famoso apologo di Menennio Agrippa spiegato ai plebei di Roma in rivolta contro i patrizi nel 494 a. C. anche se Paolo è stato più probabilmente influenzato dalla filosofia stoica. Di fatto mi sembra importante richiamare il riferimento al Battesimo: unico perché viene dallo Spirito che è unico, suscitatore di carismi sempre nuovi, con un unico scopo però: il bene comune. Criterio veritativo sommo: la comunità. La Chiesa. Non un gruppo. Se dimentichiamo questo facciamo della Chiesa una setta: e nella setta il criterio non è l’unità ma la leadership del capo. Invece, come ricorda Gregorio Magno, il Papa è – e deve essere – “servus servorum Dei”. Abbiamo bisogno di riscoprire il valore del Battesimo – il sacramento che ci fa cristiani e ci costituisce come membra della Chiesa – e di imparare a viverlo nella sua pienezza: come figli che pregano il Padre, come fratelli che vivono la carità, come custodi del creato. Solo se riscopriremo il fondamento unico che tutti ci unisce potremmo spendere e far fruttificare i nostri carismi e rispondere in pienezza alla nostra vocazione. Almeno credo.  Se invece vogliamo rivendicare innanzitutto i nostri doni e le nostre capacità, se metteremo al primo posto il nostro ruolo sarà il nostro bisogno di affermarci a emergere: non sarà Chiesa ma una qualsiasi multinazionale. Tradimento ultimo del Dio che si è donato.

 

Don Michele Mosa