Il ruolo dei nonni e della scuola al tempo della pandemia

Una riflessione di Gustavo Cioppa, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia

Problema fra i più rilevanti di quelli causati dalla pandemia, che stiamo attraversando, è quello della gestione di minori, scolari, alunni, nelle ore della giornata che non li vedono impegnati a scuola. Il quesito da risolvere è la conciliabilità degli orari di lavoro di padri e madri con quelli scolastici. Ed è palese che ci sono ore, non poche, di “scopertura”- “si dicere licet” – nelle quali occorre prendersi cura di piccoli ed adolescenti. Il fatto è che coloro che egregiamente (e, si vorrebbe dire, gioiosamente) hanno sempre risolto il problema sono stati i nonni, les grands – pères, i quali attualmente non possono più farlo, a causa dell’elevato rischio di contagio, che l’età avanzata porta con sè. Che fare, allora? Pare evidente che debba essere l’organizzazione scolastica a porsi concretamente la questione ed a risolverla adeguatamente, operando soprattutto sugli orari di permanenza in classe o, comunque, nell’ambito scolastico. Si parla, “ab imis temporibus”, di rinnovamento profondo della scuola, salvo introdurre, di volta in volta, innovazioni   rivelatesi, per gran parte, puntualmente improvvide. La scuola è stata, negli ultimi decenni, la “cenerentola” della società, con livelli di disorganizzazione sempre più drammatici: e non certo per colpa del corpo docente. Ecco, allora, un’occasione storica per ripensare efficacemente il ruolo della scuola nella attuale società e por mano, “cognita causa”, a tutti i mutamenti che fanno di una cattiva scuola una scuola buona ed al passo con i tempi. Occorre potere, volere e sapere trasformare il drammatico impatto dell’epidemia in un riscatto della dignità e dell’alta funzione sociale della scuola: e ciò, proprio con riferimento alla giornata dello scolaro ed alla compressione del prezioso, in tutti i sensi, ruolo dei nonni. Dico, volutamente, compressione, perchè voglio sperare che, passato il tempo del contagio, i nonni possano riprendersi l’inimitabile ruolo, che hanno sempre avuto, di prendersi cura dei propri nipoti nell’età più delicata. E non è che i nonni fungessero da meri “bambinai” o da porti di salvezza, per conciliare il lavoro dei genitori con le esigenze dei piccoli: no, proprio no. Tralasciando ogni retorica, fuorviante e fuor d’opera, si può e si deve dire che i nonni hanno sempre rappresentato una fonte di insegnamento, preziosa e complementare a quella scolastica. Una lunga vita lascia cospicue tracce ed insegna molte cose. Nelle famiglie dell’antica Roma i Lari e i Penati – che in età classica persero buona parte degli elementi diversificanti – erano gli spiriti degli avi, degli antenati, che proteggevano la famiglia e la casa. E il loro culto era “res sacra”. La radice del termine Lare – lar – in etrusco significa, appunto, padre, in senso sacrale. Orbene, i nonni, al tempo della pandemia, saranno i Lari e i Penati viventi, temporaneamente posti in attesa quasi mefafisica, ma pronti a riprendere il proprio ruolo, quando tutto sarà finito. Nel frattempo, la scuola, supportata dalle altre articolazioni sociali che le sono contigue, deve farsi carico del problema, ma, soprattutto deve essere posta in condizioni di farlo. Si vorrà negligere tale occasione? Un’occasione che, unitamente agli altri benefici, potrà ridare alla scuola quella dignità e quel ruolo sociale, che le sono, nel tempo, stati sottratti da una politica miope, insipiente, autolesionista? Rileggiamo “L’Emilio” di Rousseau e forse potremo trovare scienza, apprensione e consapevolezza dell’ “in sè”- per dirla con Kant – dell’educazione quale magistero educativo..

 

Dott. Gustavo Cioppa

(Magistrato, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia, già Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia)