La Sacra Scrittura di domenica 1° agosto

Il commento di don Michele Mosa. «Rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l’uomo nuovo»

«Parole dense queste, e ben più facili a pronunciarsi, che non a mettersi in pratica. Come le potremmo tradurre? Dovete rinnovare la vostra mentalità in virtù dell’ispirazione cristiana, che vi è conferita dalla grazia, dall’azione interiore dello Spirito Santo; dovete abituarvi a pensare secondo la fede; dovete modellare il vostro giudizio speculativo e pratico secondo Gesù Cristo, secondo il Vangelo, o, come si dice, secondo l’analisi cristiana. Avere una mentalità cristiana, pensare secondo la concezione che del mondo, della vita, della società, dei valori presenti e futuri ci viene dalla Parola di Dio. Non è facile, ma questo è da fare. Questo rifacimento del nostro modo globale di sentire, di conoscere, di giudicare e quindi di operare è il programma permanente del singolo cristiano fedele e della Chiesa in generale». Queste parole di Paolo VI – Udienza generale del 6 novembre 1972 – dicono l’intensità, l’urgenza e la difficoltà di tradurre l’esortazione di San Paolo nella nostra vita. E nella vita della Chiesa. Tutti parlano, anzi tutti parliamo di rinnovamento ma cosa siamo davvero disposti a mettere in gioco? Le nostre idee, le nostre convinzioni, le nostre abitudini spesso hanno più valore del Vangelo e della Tradizione della Chiesa: si è sempre fatto così è l’alibi che garantisce il nostro immobilismo. Il dito dietro cui ci nascondiamo senza neppure accorgerci che diventiamo ridicoli. Ciò – lo diceva già Paolo VI – non significa rincorrere le mode e le opinioni che fanno tendenza: gli “influencer”, anche quelli che vestono l’abito clericale o si definiscono cattolici, vanno ascoltati con attenzione e capacità critica: le pecore – scrive Giovanni – conoscono la voce del Pastore e seguono lui non il primo simpaticone che entra nell’ovile e ti seduce. Diceva ancora Paolo VI: «la norma invalsa, specialmente nelle nuove generazioni, che bisogna essere “gente del nostro tempo”, ci obbliga tutti a subire le filosofie, vogliamo dire le opinioni correnti, e a regolare la nostra spiritualità interiore e la nostra condotta esteriore secondo le rotaie del secolo, cioè del mondo che prescinde da Dio e da Cristo; rotaie, che favoriscono una grande corsa, cioè una grande intensità di vita, ma che, a ben riflettere, ci privano della nostra originalità, della nostra vera ed autonoma libertà. Siamo conformisti. Anche la Chiesa ha le sue tentazioni di conformismo». Consiglierei a tutti, non solo ai preti, di leggere e meditare l’Istruzione della Congregazione per il Clero uscita giusto un anno fa “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa”: l’invito al rinnovamento non nasce dalla scarsità del clero o dalla disaffezione al cristianesimo o dalla scarsa capacità di incontrare gli uomini e le donne di oggi; la riforma è conseguenza di una continua conversione che ci apre all’ascolto dello Spirito, sempre all’opera nella storia. Rinnovamento non è uno slogan, è educazione al discernimento, è capacità di riconoscere e accogliere i segni dei tempi. E questo tocca la vita dei singoli. E le istituzioni. Passando per le strutture. Concludeva Paolo VI: «Ecce nova facio omnia, ecco, Io faccio nuova ogni cosa! (Apoc. 21, 5; cfr. 2 Cor. 5, 17) Parola del Signore. Bisogno della Chiesa. Impegno di tutti noi!».

 

Don Michele Mosa