La Sacra Scrittura di domenica 11 luglio

Il commento di don Michele Mosa. «In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo»

Scegliere significa sempre scartare. Uno sì, l’altro no. Con l’amaro in bocca. E una domanda nel cuore: perché io no? E qui la prima sorpresa: Dio sceglie chi è stato scartato. L’ultimo. Il più piccolo. Lo sceglie e su di lui costruisce la sua casa: ne fa la pietra angolare. Ma, come se già questo non bastasse, la scelta di Dio non è un contentino: la pacca sulla spalla dell’amico che ti consola. Il regalo del papà al suo bambino che piange: dai sei stato bravo. No, la scelta di Dio è “a priori”, anzi prima della creazione del mondo: Dio sceglie sempre per primo. Ciò che ci stupisce è che gli ultimi sono i suoi gioielli. È per loro che invia il Figlio: per i malati e i peccatori. I sani e i giusti non capiscono questa scelta. Con il profeta Geremia possiamo affermare anche noi che prima di formarci nel grembo di nostra madre Lui ci aveva già conosciuto (cfr Ger 1,5); e conoscendoci ci ha amati. Dio si fa piccolo e ama stare con i piccoli. Ecco lo scandalo della fede. O meglio «il disegno d’amore, il mistero» – come scrive Paolo. Dunque, se ti senti piccolo, debole, peccatore non entrare in crisi, non giocare in ritirata, affidati al Padre, nasconditi fra le sue braccia. Lascia che il suo amore ti circondi, prenda possesso del tuo cuore: immerso nel suo amore rinascerai a vita nuova e scoprirai di essere anche tu santo. Spiega Benedetto XVI: «La vocazione alla santità, cioè alla comunione con Dio appartiene al disegno eterno di questo Dio, un disegno che si estende nella storia e comprende tutti gli uomini e le donne del mondo, perché è una chiamata universale. Dio non esclude nessuno, il suo progetto è solo di amore. San Giovanni Crisostomo afferma: “Dio stesso ci ha resi santi, ma noi siamo chiamati a rimanere santi. Santo è colui che vive nella fede”» (Omelie sulla Lettera agli Efesini, 1,1,4). Se la santità è una chiamata universale, una vocazione a misura di tutti gli uomini e le donne sono costretto a tornare sui miei passi e a chiedermi: cosa vuol dire scegliere per Dio? Siamo davvero nel “mistero”: del resto può un Padre lasciar fuori di casa qualcuno dei suoi figli? Mi sento grande come Giobbe. E piccolo come Giobbe. Contemporaneamente.

 

Don Michele Mosa