La Sacra Scrittura di domenica 11 aprile

Il commento di don Michele Mosa. «Non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue»

Impressionante: ti fa venire la pelle d’oca. Alcuni di noi in questi giorni hanno celebrato o celebreranno qualche battesimo: la vita nuova nel “segno” dell’acqua e dello Spirito. Ma questo ha bisogno – ne sono sempre più convinto – del sangue per crescere: ha bisogno, cioè non è che può capitarti o, per fortuna diciamo noi, capita solo a qualcuno (sperando che non capiti mai a me). L’acqua e lo Spirito non bastano: è il Crocifisso a ricordarcelo. E il fatto che non ti venga chiesto il “martirio fisico”, che non ti venga chiesto di dare “fisicamente” la vita per il Vangelo non significa che non dobbiamo versare il nostro sangue. Tutt’altro. Pagare con il sangue significa prima di tutto smettere di aggiungere pagine al libro delle Lamentazioni: è colpa dei giovani, non delle famiglie, non della società, non dei preti… basta cercare colpevoli: non serve un capro espiatorio. Pagare con il sangue è innanzitutto non puntare il dito verso – contro – l’altro. È lo sforzo di comprendere non di giustificare, di abitare insieme e soprattutto di amare. Il Crocifisso è sofferenza, ingiusta e innocente, ma è prima di tutto e soprattutto passione d’amore che ti brucia il cuore. Ti cava il sangue, appunto. Il sangue a me – forse a tutti noi, Chiesa di Pavia – chiede fantasia, coraggio e speranza. Chiede uno sguardo che non affonda nel terreno con le radici ma guarda il cielo sognando frutti nuovi con le spighe che crescono. Il sangue è la fatica del seminare, del coltivare, dell’innaffiare. Il sangue è la pazienza dell’attesa, dell’attraversare il freddo e il buio dell’inverno: primavera verrà. L’estate porterà la falce della mietitura. Il sangue dice il tuo amore non solo la tua sofferenza. Il tuo donarti non solo il tuo sacrificarti. (…) Gioia, fratellanza, pace e dialogo con fatica, sperimentando la delusione e a volte anche la derisione ma sempre con la certezza che il Crocifisso ha vinto la morte e che non possiamo tenere lo sguardo in basso: esci conta le stelle (Abramo), alzate lo sguardo sentinelle (Isaia), il Messia tornerà sulle nubi del cielo. Il discepolo del Vangelo piange: le sue lacrime però sono asciugate dalla voce del Risorto. La Croce è un’arma potente: il mondo lo sa. (…) Concludo con le parole di un martire, di un testimone che ha versato il sangue perché ha molto amato, padre Jacques Hamel, ucciso a ottantacinque anni a Rouen, in Francia il 26 luglio 2016. «L’augurio è che possiamo sentire l’invito di Dio a prenderci cura di questo mondo, a farne, là dove viviamo, un mondo più caloroso, più umano, più fraterno. Un tempo di incontro, con familiari e amici. Un momento per prendersi il tempo di vivere qualcosa insieme. Un momento per essere attenti agli altri, chiunque essi siano. Un tempo di condivisione. Condivisione della nostra amicizia, della nostra gioia. Condivisione del nostro aiuto ai figli, mostrando che per noi contano. Anche un tempo di preghiera. Attenti a ciò che avverrà nel nostro mondo in quel momento. Preghiamo per coloro che ne hanno più bisogno, per la pace, per un migliore vivere insieme. Cerchiamo di avere un cuore attento alle cose belle, a ciascuno e a tutti coloro che rischiano di sentirsi un po’ più soli. Che le vacanze ci consentano di fare il pieno di gioia, di amicizia e di rigenerazione. Allora potremo, meglio provvisti, riprendere la strada insieme. Buone vacanze a tutti!».

 

Don Michele Mosa