La Sacra Scrittura di domenica 14 marzo

Il commento di don Michele Mosa. «Dio, ricco di misericordia»

Quando Giovanni Paolo II scrisse la sua enciclica sul Padre (30 novembre 1980) volle intitolarla con queste parole di Paolo agli Efesini: «Dives in misericordia».  Le stesse parole furono riprese da Papa Francesco nella Bolla di indizione dell’Anno Santo della Misericordia (11 aprile 2015). Dunque, se vogliamo dire chi è Dio, qual è la sua caratteristica fondamentale dobbiamo anche dire che Dio è il Misericordioso, è «Dives in misericordia». La misericordia infatti – spiega il Cardinal Ladaria – è la prerogativa «che meglio spiega, per quanto riguarda noi, la “definizione” di Dio come “amore” che troviamo nella prima lettera di Giovanni (cfr. 1 Gv 4,8.16)». (Significativo che anche l’attributo più usato per Allah sia il “Misericordioso”). Un amore dai connotati materni. Un amore che non ha misure: «il grande amore con il quale [Dio] ci ha amato» (Ef 2,4)», con la classica ripetizione orientale che sottolinea la profondità del concetto espresso: Dio ama con amore. Ancora non basta. Dio non soltanto ama, non si accontenta di amare senza misura: Dio “è amore” (1Gv 4, 8.16). E noi l’abbiamo scoperto in Gesù, il “volto del Padre”. Nel Figlio, infatti, «Dio rivela il suo segreto più intimo: è lui stesso eterno scambio d’amore: Padre, Figlio e Spirito Santo, e ci ha destinati ad esserne partecipi» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 221). Un amore che non solo ci accompagna ma che sempre ci precede. Papa Francesco lo ricorda spesso: «Dios nos primerea… “il suo amore ci precede sempre” (“Misericordia et misera”, n. 5)». La misericordia ci rivela l’amore di Dio per noi, ci svela la sorgente stessa di questo amore: non si tratta del cuore – non è questione di romanticismo o sentimentalismo –, è questione di utero: la misericordia viene attraverso il cordone ombelicale, è cioè un legame che unisce per l’eternità. Scrive ancora Giovanni Paolo II: «Da tutto ciò si deduce che la misericordia non appartiene soltanto al concetto di Dio, ma è qualcosa che caratterizza la vita di tutto il popolo di Israele e dei suoi singoli figli e figlie: è il contenuto dell’intimità con il loro Signore, il contenuto del loro dialogo con lui (“Dives in misericordia”, 4)» perché «Anche se i monti vacillassero…, non si allontanerebbe da te il mio affetto, né vacillerebbe la mia alleanza di pace» (Is 54, 10). Ecco perché la misericordia è una questione di vita o di morte: è il “cordone ombelicale” che ci lega a Dio. Come rileva anche Papa Francesco: «la misericordia…trasforma la vita. È un’autentica nuova creazione che realizza un cuore nuovo, capace di amare in modo pieno, e purifica gli occhi perché riconoscano le necessità più nascoste» (“Misericordia et misera”, n. 16). La misericordia divina opera, dunque, in noi questo risultato particolare: ci fa vivere in Dio già adesso, ci rende capaci di portare il cielo sulla terra. Ci rende capaci, come il nostro Maestro Crocifisso e Risorto, di colorare la vita di chi ci sta accanto con il calore dell’amicizia e della fraternità. Ci rende capaci di gesti concreti perché non si può amare a parole. Di parole si muore.

 

Don Michele Mosa