La Sacra Scrittura di domenica 28 febbraio

Il commento di don Michele Mosa. «Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?»

Dio è per noi, Dio è con noi, Emanuele. Dalla profezia di Isaia al sogno di Giuseppe, da Nazareth al Calvario: Dio è con noi, Dio è per noi. Se però leggi quelle parole sul cinturone dei nazisti – “Gott mit uns” – ti viene la pelle d’oca. E ti domandi: con chi è Dio? Con le vittime o con i carnefici? È l’abbraccio che nel celebre dipinto di Masaccio (Basilica di Santa Maria Novella a Firenze) sostiene la croce o è la lancia del centurione che trafigge il cuore del Crocifisso? La risposta non è scontata perché la domanda, al di là di ogni sospetto, non è retorica. Con chi è Dio? Per chi è Dio? Quando si accende una discussione sul male, sulla sofferenza, sul “dolore innocente”, sulla fame o sulle guerre i credenti – non importa a quale religione aderiscano – si affrettano a difendere Dio (accade anche a noi, su questo stesso settimanale ci sono articoli di apologetica e teodicea); Paolo invece non si preoccupa di difendere Dio – del resto, chi potrebbe farlo? – ma di capire da che parte sta Dio. Ha scritto E. Wiesel: «forse un giorno qualcuno ci spiegherà come è stato possibile Auschwitz a livello umano, ma a livello di Dio resterà sempre il “più inquietante dei misteri”». Anche perché – parola di Figlio – «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5,45). Vedete dunque: non ci sono domande retoriche quando ci avviciniamo a Dio. Il filosofo ebreo Amos Funkenstein (†1997), un pensatore ebreo contemporaneo, scriveva: «Colui che, profondamente turbato dall’olocausto, è diventato incapace di affermare l’esistenza di Dio, costui è preso in una problematica essenzialmente religiosa… Un uomo superficiale o puramente pragmatico e egoista e solo intento al suo interesse personale non resterebbe affatto turbato. È turbato colui che è religioso». «Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?»: Paolo sta ponendo a se stesso e a ciascuno di noi la domanda cruciale della fede: non si tratta di sapere dove si colloca Dio nella battaglia ma di imparare a fidarsi di Lui e ad affidarsi a Lui: «Infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potranno separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore». Vincitore o sconfitto Dio è con te. Come dice il salmista. «Il Signore è il tuo custode,/ il Signore è la tua ombra/ e sta alla tua destra». La scoperta – se così possiamo dire – di Paolo è che la fede nasce prima nel cuore del Padre, poi in quello dei figli: è il Padre che per primo si fida e si consegna ai figli; la fede dei figli, la nostra fede, è risposta a un atto di fiducia che ci precede. E ci accompagna. Sempre. L’ombra non è qualcosa che ti minaccia o ti perseguita; al contrario è la prova più evidente che nel cielo splende il sole, quel sole che rischiara le tue giornate e scalda il tuo corpo. Paolo ci ricorda che quando un bambino cammina dando la mano al suo papà non ha paura di niente. E io, e tu, e tutti noi, uomini e donne, possiamo fare la stessa esperienza: dare la mano al papà, Abbà, e camminare sicuri. Niente potrà più farci paura. Nemmeno la morte. Un’ultima “provocazione” – la fede è una “cosa seria” perché Dio è un “caso serio” – raccolta ancora dalla penna di E. Wiesel. Nel racconto intitolato “La notte” narra del bambino appeso alla forca nel campo della morte: «Più di una mezz’ora restò così, a lottare fra la vita e la morte, agonizzando sotto i nostri occhi. E noi dovevamo guardarlo bene in faccia. Era ancora vivo quando gli passai ancora avanti. La lingua era ancora rossa, gli occhi non ancora spenti. Dietro di me udii il solito uomo domandare: “Dov’è dunque Dio?”. E io sentivo una voce che gli rispondeva: “Dov’è? Eccolo: è appeso là, a quella forca…”». «Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?»

 

Don Michele Mosa