La Sacra Scrittura di domenica 14 febbraio

Il commento di don Michele Mosa. "Fate tutto per la gloria di Dio"

O, come direbbe Ignazio di Loyola, «ad maiorem Dei gloriam». Subito però mi domando: cos’è la gloria di Dio? Anche perché il testo greco usa la parola  “δόξα, doxa”. Ricostruire la storia della parola sarebbe molto interessante – e aprirebbe una lunga riflessione – ma non è il caso: ci limiteremo solo a tracciarne la linea perché è davvero un aiuto alla comprensione del testo. Doxa è per Platone l’opinione – io ritengo – e si contrappone a episteme, la conoscenza certa e sicura. Ancora più importante per noi è l’uso di questa parola nell’ Antico Testamento perché essa traduce l’ebraico “Kabod”. Gerolamo poi nella Vulgato traduce “doxa” con “gloria”. Abbiamo dunque “kaboddoxa-gloria”. Esercizio di analisi linguistica? Forse ma non soltanto. Si tratta di provare a entrare nel testo per cercare poi di comprenderlo e soprattutto di viverlo. Qui allora torna la domanda: cos’è la gloria di Dio? Il salmo 19 – “I cieli narrano la gloria di Dio” – presenta alcune manifestazioni della gloria di Dio ricordandoci però che essa è trascendente rispetto alle sue manifestazioni; ancor più trascendente è IHWH. Grandezza e splendore è dunque la gloria di Dio? Certamente, è innegabile. Anche se, e lo leggiamo proprio nella Prima Lettera ai Corinzi (2,8), la gloria di Dio si lega, indissolubilmente, alla Croce di Cristo. Dirà Italo Mancini che la gloria di IHWH subisce nella Croce di Cristo un paradossale rovesciamento: da manifestazione di forza a rivelazione di debolezza. E qui entra in gioco la fede cristiana: dove cercare la gloria di Dio? Come manifestare nelle parole e nei gesti della Chiesa la gloria di Dio? E come io vivo e testimonio la gloria di Dio? Isaia dice che davanti al trono di Dio risuonano queste parole: «Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria». Dunque la gloria di Dio ci circonda. La respiriamo ogni momento. Ci è necessaria per viere come l’acqua e l’aria. Ma, o le nostre sono solo parole al vento o davvero devono provocare un cambiamento di vita. E di vita quotidiana concreta.

Laudato sii, mi’ Signore…

  • per la natura che mi circonda
  • per le donne e gli uomini che incontro ogni giorno
  • per la felicità e la tristezza
  • per la salute e la malattia
  • per gli amici e i nemici
  • per chi crede in Te e per chi si proclama Ateo
  • per chi dona e per chi accumula
  • per chi ha il coraggio di convertirsi e per chi pensa di non aver più alcuna possibilità
  • per chi si sente realizzato e per chi si crede un fallito.

Laudato sii, mi’ Signore… perché il mio cuore è inquieto e non smette di cercare la tua gloria che abita tutta la terra.

Perché «la gloria di Dio è l’umo che vive», come diceva Ireneo di Lione. E Giovanni Paolo II nell’enciclica “Redemptor hominis” così, in un certo senso, la spiegava per noi oggi: «Quest’uomo è la via della Chiesa, via che corre, in un certo modo, alla base di tutte quelle vie, per le quali deve camminare la Chiesa, perché l’uomo – ogni uomo senza eccezione alcuna – è stato redento da Cristo, perché con l’uomo – ciascun uomo senza eccezione alcuna – Cristo è in qualche modo unito, anche quando quell’uomo non è di ciò consapevole». Fra pochi giorni inizia la Quaresima: e se invece di cercare mille propositi e fioretti ci impegnassimo a riconoscere la gloria di Dio nel fiore che sboccia, in mio figlio “ribelle” e nel mio vicino importuno? E, perché no, anche nel mio parroco?

 

Don Michele Mosa