La Sacra Scrittura di domenica 24 gennaio

Il commento di don Michele Mosa. «Come se non… »

Termine di confronto che nega mentre afferma: piangi ma non pensarci, gioisci ma non goderne troppo, possiedi ma è solo un prestito: e perché tutto questo? A causa del tempo. Del mio, del tuo, del nostro essere nel tempo: cioè del nostro essere segnati da un inizio e quindi, inevitabilmente, da una fine. Non c’è via d’uscita. Non c’è rimedio: non sei mortale perché muori. Muori perché sei mortale. (Scusate il verbo giusto è sono e non sei). “Come se non…”.  Non si tratta – credo – della teoria della relatività portata all’eccesso: non c’è più alcun assoluto. Si tratta, al contrario, di riscoprire il valore reale delle cose e prima di tutto delle persone: quante giornate vissute da schiavi dell’agenda senza vere relazioni con le persone che incontriamo: «buongiorno, buonasera. Cosa le serve. Di cosa ha bisogno… ». Riduciamo la vita a cose da fare. Gli incontri a scambi commerciali o di prestazioni. “Come se non…”. Non penso che Paolo voglia demonizzare la moglie, la proprietà o dirci che dolore e gioia, felicità e sofferenza sono la stessa cosa: ci sta dicendo di riscoprire l’assoluto. “Come se non…” è la conseguenza del tempo che si è fatto breve. È l’invito a vivere in pienezza il tempo presente: senza rimpianti e senza fughe in avanti. “Come se non…” cioè il solo tempo che hai è il presente, è adesso. Un adesso che ha radici e nasce da una tradizione. Un adesso che è la base per nuovi frutti. Tu però vivi ADESSO. “Come se non…” è imparare a vivere il tempo non solo perché scandito dalle lancette dell’orologio ma soprattutto e prima di tutto perché è l’occasione che ti viene offerta per incontrare Dio e lasciarti amare da Lui. Per un cristiano – per ogni uomo e ogni donna – il tempo è più che “Chronos”: è  “Kairòs”. Il che comporta smettere di lasciarsi vivere, smettere di cantare la canzone del “si è sempre fatto così” o del “non c’è più religione” o “colpa delle famiglie” o… Ci sono mille altre straordinarie canzoni che possiamo imparare e insegnare: “la vita è bella” o “val la pena amare” o “siamo fatti di cielo” e per il cielo…E se oltre a cantare imparassimo anche a ballare? Il tempo è breve… perché sprecare la propria vita piegando pizzi e tovaglie in sacristia o vomitando pipponi moralistici dall’ambone? Non è meglio scendere tra la gente e vivere con loro la bellezza e la fatica quotidiana? Triste, mogio o rassegnato non sono sinonimi di cristiano, anzi semmai il contrario. Impariamo a cantare. A suonare. A ballare. Il tempo è breve… non sprechiamolo.

 

Don Michele Mosa