La sacra Scrittura di domenica 17 gennaio

Il commento di don Michele Mosa. «Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!»

Perché noi uomini (e donne) siamo sempre attratti dagli estremi, quasi fossimo calamite impazzite? Ore e ore di palestra e allenamenti, prodotti di bellezza, parrucchieri ed estetisti fino alla chirurgia plastica: le rughe sono poi così male? E un po’ di pancetta? D’altra parte si può (auto)distruggersi usando, anzi abusando, di fumo, alcol, droghe, farmaci o semplicemente del divano e della poltrona: la vita trascorre seduti davanti a uno schermo, magari continuando a mangiucchiare. Sarà – domanda troppo stupida – effetto anche questo del cosiddetto peccato originale? Sarà che il primo senso con il quale sappiamo di essere vivi è la vista, per cui davanti all’albero Eva si accorse che il frutto era bello e non solo buono? Del resto, non fu così anche per Dio davanti alle sue creature? Mi ha sempre colpito ciò che accadde in casa di Iesse il Betlemmita quando Samuele unse Davide re: «“Riempi d’olio il tuo corno e parti. Ti mando da Iesse il Betlemmita, perché mi sono scelto tra i suoi figli un re”. […] Quando furono entrati, egli vide Eliàb e disse: “Certo, davanti al Signore sta il suo consacrato!”. 7 Il Signore replicò a Samuele: “Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore”». Uno dopo l’altro i figli di Iesse furono presentati a Samuele ma nessuno di loro era l’eletto; rimaneva Davide il più piccolo. «Lo mandò a chiamare e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto. Disse il Signore: “Àlzati e ungilo: è lui!”». Dunque, Dio guarda il cuore e non l’apparenza però… Davide era bello (e quanto se ne accorgeranno a corte, non solo le donne). La bellezza, la bellezza del corpo: non è un male. Non è via al peccato. Il cristianesimo non è la religione dell’anima: «ciò che non fu assunto, non è salvato», scrive Gregorio di Nazianzo; e si riferisce alla natura umana. Alla «carne» di Gv 1. Potrei citare la celebre frase di Dostoevskij, “La Bellezza salverà il mondo”. O il passo, altrettanto famoso, delle “Confessioni” di Agostino: «Tardi ti ho amato, bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato. Tu eri dentro di me, e io fuori. E là ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature». Forse però basterebbe tornare al Vangelo e alla figura del pastore, il buon pastore che in realtà è, nella pagina di Giovanni, il “BEL” pastore. Dobbiamo, credo, imparare a vedere Dio anche nel corpo: il nostro e quello degli altri. Facile fare teologia o spiritualità e poi non soccorrere il malcapitato sulla via di Emmaus. O usare il corpo dell’altro come un oggetto. Il corpo sono io: risorgerò con quel corpo (anche se rimane per me un atto di fede). Senza corpo, senza questo corpo non sono io. Impariamo ad abbracciare Dio e a farci abbracciare da lui: ci vuole il corpo, però. Il Vangelo, il Dio di Gesù Cristo ci chiede di amarlo anche con il corpo. E nel corpo dell’altro: avevo fame, avevo sete…

 

Don Michele Mosa