La Sacra Scrittura di domenica 13 dicembre

Il commento di don Michele Mosa. «Fratelli, siate sempre lieti»

Strano parlare di gioia prigionieri di un virus che toglie il respiro. Che segna il ritmo delle tue giornate tra colpi di tosse. Eppure, è vero: la caratteristica del cristiano è la gioia. Ricordo il mio parroco, don Pietro: «ricordati che la domanda che le persone ti faranno più spesso è: sei felice?». Devo dire che è anche la domanda che mi pongo quasi tutti i giorni. L’avrò detto e scritto migliaia di volte ma voglio riproporvelo perché è un brano stupendo (a proposito, se non l’avete ancora fatto leggete “Diario di un curato di campagna” di Bernanos): a parlare è l’anziano parroco di Torcy, anche se sembra Papa Francesco. «Un popolo di cristiani non è un’accozzaglia di madonnine infilzate. La Chiesa ha nervi saldi: non la spaventa il peccato, al contrario. Lo guarda in faccia, tranquilla, e anzi, imitando Nostro Signore, lo prende su di sé, lo assume. Quando un bravo operaio lavora come si deve sei giorni alla settimana, si può abbonargliela una sbronza il sabato sera. Guarda, ti do una definizione a rovescio di popolo cristiano. ‘L’opposto di un popolo cristiano è un popolo triste, un popolo di vecchi’. Mi dirai che la definizione non è molto teologica. Ne convengo. Ma può dar da pensare ai signori che sbadigliano alla messa della domenica. Sicuro che sbadigliano! Non pretenderai che in una stiracchiata mezz’ora alla settimana la Chiesa possa insegnargli la gioia a quei signori. E se anche sapessero a menadito il catechismo tridentino probabilmente non sarebbero più allegri». La gioia nasce dall’incontro con Gesù, dall’aver fatto esperienza della sua misericordia: si vive, non si impara. Si imparano le parabole o i comandamenti ma non la gioia o la felicità. Per questo Paolo aggiunge: pregate e imparate a ringraziare (o forse fate tesoro del Dio che ringrazia e nel ringraziare si dona e ci costituisce come Chiesa: ringraziare è fare eucaristia). Pregare e vivere l’eucaristia sono vita vissuta non studiata sui catechismi. (A proposito: insegniamo preghiere o “l’arte della preghiera”?). «C’è bisogno di adoratori – ha detto il Papa nell’omelia della prima domenica di avvento – noi abbiamo perso un po’ il senso dell’adorazione. Di essere in silenzio davanti al Signore adorando». Avvento è dunque tempo di comunione. Di silenzio e di ascolto. È tempo in cui riscoprire la gioia e la felicità dell’intimità della famiglia. E degli amanti. Diceva p. Silvano Fausti: «La vera ascesi spirituale è coltivare la gioia ed è proprio di Dio dare gioia ed è proprio solo di Dio dare gioia senza causa ed è proprio del nemico togliere la gioia perché, se ti toglie la gioia, ti impedisce di camminare, di vivere ed ha ottenuto lo scopo». “Evangelii gaudium”, la gioia del Vangelo: dobbiamo ripartire da qui. E dobbiamo farlo proprio perché siamo in un tempo di sofferenza e solitudine. Dobbiamo farlo perché ne va del cristianesimo stesso: la gioia contagia e coinvolge, i divieti e le proibizioni allontano. Dunque: allegria, come diceva Mike Bongiorno. Non facciamoci rubare la gioia del Vangelo.

 

Don Michele Mosa