La Sacra Scrittura di domenica 13 settembre

Il commento di don Michele Mosa. «Nessuno di noi vive per se stesso»

Che è molto di più di quanto scrisse il poeta inglese John Donne nel sec. XVII e poi riprese Thomas Merton nel secolo scorso: “l’uomo non è un’isola”. Si tratta infatti non solo di riscoprire l’importanza delle relazioni – siamo animali sociali, viviamo in comunità, abitiamo piazze e non deserti – ma anche e soprattutto di ritrovare il senso della vita, fosse anche il successo o il potere. Abbiamo bisogno di un tu per capire che c’è un io. Fuori dai discorsi pseudofilosofici: per sapere chi sei devi imparare a specchiarti: senza però sbagliare specchio, perché troppo specchio viviamo come se fossimo nella favola di Biancaneve: sono io il più bello/la più bella del reame. Anzi dell’universo. Specchio che non deforma è il mio compagno di viaggio, la mia collega d’ufficio. Mio figlio e mia moglie. Specchio che non ferma è l’altro. Meglio ancora: l’Altro. Mi libera da Narciso, dalla sindrome “dell’ombelico del mondo”: meno male che ci sono io! Vita vera, vita felice – il che non significa senza fatiche e sofferenze o immune da errori e bisognosa di conversione continua – è la vita donata e non trattenuta per sé: perfino i soldi o il potere non sono fatti per essere semplicemente accumulati o conservati. Soldi e potere – intreccio diabolico, senza dubbio (veleno anche per le nostre comunità) – hanno bisogno di essere mostrati. Per questo ho bisogno dell’altro più che dell’aria che respiro: da solo muoio. Anzi – aggiunge Paolo – da solo perde di senso anche la morte (e la pandemia c’è l’ha dimostrato). Vivere e morire hanno bisogno di un senso, di un significato. E il senso non viene dalle cose ma dalle persone. Perché ciò che fai acquista valore non in base ai risultati che ottieni (al massimo si iscrivono nel guinness dei primati o in qualche albo d’oro) ma dalle relazioni che costruisci. Non m’importa avere un monumento ma abitare in un cuore. E so che nel cuore di Dio, Padre e Madre d’infinita tenerezza, sono a casa mia. Posso allora dire anch’io con Paolo: «Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore». E degli uomini e delle donne che incontro ogni giorno.

 

Spirito, fa’ che ogni giorno componga
una lode al mio Dio;
voce che raccolga
il gemito delle cose.

Voce per il silenzio …

Voce per chi non ha voce:
per il povero e il disperato,
per chi è solo,
per chi è nato ora
in ogni punto del globo …

Dio della vita,
sei tu che nasci,
che continui a nascere
in ogni vita.

Voce per chi muore ora:

perché non muore,
non muore nessuno:
niente e nessuno:
niente e nessuno muore
perché tu sei.

Tu sei
e tutto vive,
è il Tutto in te che vive:

anche la morte!

 

Don Michele Mosa