La Sacra Scrittura di domenica 6 settembre

Il commento di don Michele Mosa. "Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole"

Sarà anche l’Apostolo delle genti, sarà il “missionario e l’evangelizzatore” per eccellenza, sarà – come sostengono alcuni studiosi delle religioni – “l’inventore” del cristianesimo, ma questa volta Paolo ha davvero passato ogni limite: come può chiederci di impostare la nostra vita come se fosse un mutuo senza fine? Perché molti di noi sanno, soprattutto in questi tempi, cosa significa avere un mutuo da pagare! Eppure – duro da riconoscere – Paolo ha ragione; e con lui, Lutero: siamo tutti mendicanti. Mendicanti di relazioni. Mendicanti di misericordia. Mendicanti d’amore, appunto. Qualcuno si sta domandando: siamo partiti dall’essere debitori e siamo arrivati all’essere mendicanti: cosa centra? Non si tratta di essere finiti sul lastrico, al contrario; è questione di reciprocità. Cioè di un gesto che lega gli esseri umani in modo unico e misterioso: sei debitore perché sei mendicante, sei mendicante perché hai un debito. Il versetto della Lettera ai Romani poteva anche essere tradotto con il verbo invece che con il sostantivo: Paolo infatti non sta facendo una riflessione teorica ma sta descrivendo una situazione esistenziale: abbiamo bisogno di amare ed essere amati. Abbiamo bisogno di gesti concreti non di lezioni filosofiche o teologiche. Amarci l’un l’altro è vita, nella quotidianità di azioni piccole e banali, eroiche e straordinarie. E di amare e sentirsi amati tutti ne abbiamo bisogno, perfino Dio. Ma l’amore non si vende e non si compra. È dono. È gratuità. (Paolo usa il verbo “agapao”, amare senza chiedere nulla in cambio, senza pretendere di possedere). È questo che ci fa debitori e mendicanti allo stesso tempo: sappiamo che la nostra vita è un dono d’amore – quindi siamo debitori, seppure insolventi – e contemporaneamente abbiamo costante bisogno d’amore per vivere. Pensate all’Annunciazione: Dio che è Amore in ginocchio davanti a Maria per mendicare il suo amore. Come si fa a non innamorarsi di questo Dio? Come si fa a non sentirci a disagio davanti a Lui, proprio come davanti alla donna/uomo che ami? Ha ragione Paolo (e così ancora una volta devo ammettere di aver sbagliato: non ha oltrepassato alcun limite, ha detto le cose come stanno): la vita è questione di innamoramento e di amore. Se diventa una questione di possesso e di successo è una vita sprecata. Lascia l’amaro in bocca. E per l’eternità. Non ci resta che imparare da Dio a mendicare per saldare il nostro debito. Una mano che dà e l’altra che riceve: questo sono io. Questa è la croce. Non una condanna ma un dono che dà vita.

 

Don Michele Mosa