La Sacra Scrittura di domenica 28 giugno

Il commento di don Michele Mosa. «Siamo stati battezzati nella sua (di Cristo) morte?»

La vita dunque inizia con la morte. Incontrando la morte. Incomprensibile: la vita finisce con la morte. O, se volete, lotta ogni giorno con la morte: “mors et vita duello conflixere mirando”, morte e vita si sono affrontate in uno straordinario (indescrivibile ma non insolito) duello, canta la Sequenza della Pasqua. Scontro dagli esiti altalenanti: per uno che vive, c’è sempre l’altro che soccombe. Paolo però non sta anticipando Martin Heidegger e il suo “essere per la morte”: non è un modo per vincere l’angoscia e la paura. Modo che per altri versi potrebbe essere delegato alla religione che “consola” il lutto e apre alla “vita eterna in paradiso”. Si tratta di fare propria l’esperienza della morte di Cristo, anzi si tratta – unico vero modo di sperimentare la morte, credo – di sperimentare il sepolcro. Di stare cioè nel Sabato Santo. Questo è forse ciò che oggi manca alla Chiesa e a noi cristiani. A me. Forse la celebrazione liturgica del battesimo per immersione rendeva più comprensibile questo passaggio: lasciarsi sommergere dall’acqua e poi riemergere, stare senza respirare per qualche secondo è un ricordo indelebile. Un simbolo che vivi e comprendi. Di questo ho bisogno: riscoprire i simboli. Imparare ad ascoltarli. Farmi guidare da essi. Il battesimo non è per la vita eterna, se per vita eterna intendo un “post-vita” terrena, un domani che verrà. Il battesimo è per la vita. Oggi. Il mio Sabato Santo, quello che mi è mancato, forse è la settimana dell’Ottava di Pasqua, quella della catechesi mistagogica: l’essere accompagnato nel deserto per farmi guidare all’incontro con Cristo. Per risorgere con Lui. Sono stato battezzato ma non sono ancora risorto perché non ho sperimentato la morte.Ha ragione Heidegger, e con lui tutto ciò che abbiamo costruito negli ultimi decenni: ormai non muore più nessuno, semplicemente “Si muore”. La morte accade ma Io muoio? Così però – ed era inevitabile – non vivo ma mi faccio vivere, salvo poi costruire una vita “virtuale” in internet. Ho bisogno di sperimentare il Sepolcro di Cristo e il Sabato di Maria: altrimenti non sarò mai un cristiano. Sarò solo religioso. Mi accontenterò di attendere il paradiso “facendo il bravo”, facendo il bene. Io invece voglio vivere. E vivere in pienezza. Vivere della vita in abbondanza che Cristo dona ai suoi discepoli. Rileggiamo dunque – nella traduzione interconfessionale in lingua corrente (quella che rende meglio, penso, il pensiero di Paolo) – il brano che la liturgia ci propone: «Per mezzo del battesimo che ci ha uniti alla sua morte, siamo dunque stati sepolti con lui, affinché, come Cristo è risuscitato dai morti mediante la potenza gloriosa del Padre, così anche noi vivessimo una vita nuova».

 

Don Michele Mosa