Coronavirus: partono i test sierologici sperimentati al San Matteo di Pavia

Un prelievo di sangue per verificare la possibile presenza degli anticorpi in grado di bloccare il Covid-19

E’ prevista per giovedì 23 aprile la partenza dei test sierologici sperimentati al San Matteo di Pavia (nella foto, ndr) e promossi da Regione Lombardia. Si tratta di un semplice prelievo di sangue per analizzare la presenza di anticorpi in grado di bloccare il coronavirus e valutare così lo stato di immunità di una persona. L’esame ha ottenuto il riconoscimento dall’Istituto Superiore di Sanità, tramite il marchio CE.
Al test verranno sottoposti inizialmente i medici e gli operatori sanitari di alcune delle province della Lombardia più colpite dall’epidemia: Lodi, Brescia, Bergamo e Cremona. Le analisi saranno poi allargate al resto della popolazione e interesseranno tutte le province lombarde.
L’esame serve a cercare nel sangue la presenza degli “anticorpi neutralizzanti” dimostrando il contatto diretto di una persona con il virus Covid-19 anche in caso di assenza di sintomi. Il test è stato realizzato in vitro da un team di 50 ricercatori nei laboratori della società Diasorin di Saluggia (Vercelli), con il supporto della struttura di virologia molecolare del San Matteo, diretta dal prof. Fausto Baldanti. Il test sierologico ha ottenuto l’autorizzazione all’uso di emergenza (Eua) della “Food and Drug Administration”: in tempi rapidi potrà essere utilizzato anche negli Stati Uniti.
“A partire dal 27 aprile i test saranno disponibili in tutta Italia – spiega Carlo Nicora, direttore generale del San Matteo -. Ogni zona sceglierà, a seconda delle esigenze, di sottoporre all’esame campioni di popolazione differenti in base alle diverse categorie. In Lombardia è previsto che vengano effettuati circa 20mila test al giorno”.
Il test sierologico serve a verificare la presenza o meno degli anticorpi in grado di bloccare la replicazione del Covid-19. “Questa metodologia di indagine – sottolinea ancora Nicora – è stata applicata con successo anche durante lo studio effettuato di recente su 390 donatori di sangue della provincia di Lodi: siamo riusciti a verificare che il 23,7% di loro aveva sviluppato gli anticorpi, nel cuore della zona rossa”.
Il prof. Baldanti ha recentemente chiarito che “non è corretto parlare di patente di immunità per chi si sottopone al test sierologico e ottiene esito negativo, anche se rappresenta un tassello importante perché ci consente di portare avanti una indagine epidemiologica. Dall’esame potremo identificare se in un soggetto che ha avuto l’infezione sono presenti gli anticorpi neutralizzanti, quanti ce ne sono e stimare un livello di protezione. Ma questo test e il tampone sono due cose differenti”.